Palestinesi in rivolta: due morti e 750 feriti. Razzi da Gaza, Israele risponde con i raid

La tensione è esplosa oggi nei Territori palestinesi, anche se per ora non a Gerusalemme, dopo l’annuncio di Trump sulla città capitale di Israele: il bilancio degli scontri con l’esercito israeliano ha visto due palestinesi morti, a Gaza, e oltre 750 feriti in Cisgiordania, secondo i dati della Mezzaluna rossa. E mentre dalla Striscia il capo di Hamas Ismail Haniyeh ha promesso che «la Santa Intifada» non si fermerà con le manifestazioni di oggi, nel sud di Israele è tornato, per tre volte, l’allarme razzi, con l’Iron Dome – il sistema antimissili – che ne ha intercettato uno. In serata l’aviazione israeliana ha colpito obiettivi situati nel Nord della Striscia di Gaza e in questi attacchi è morto un palestinese di 54 anni, Maher Atalla, e sono rimaste ferite una decina di persone. Uno degli attacchi ha raggiunto una base di addestramento di Ezeddin al-Qassam, braccio armato di Hamas, presso il campo profughi di Jabalya. Altre esplosioni sono state udite nella vicina località di Shaikh Zayed. 

Il mondo arabo è in rivolta contro la mossa del presidente Usa, a cominciare dal Grande Imam della moschea di Al Ahzar al Cairo, Ahmed Al Tayyib, massima espressione dell’islam sunnita. Suo l’appello a leader e governi dei paesi del mondo islamico e all’Onu a «fermare Trump». Da Tunisi a Islamabad, da Giacarta a Istanbul, da Baghdad a Beirut, fino alla Siria, la gente ha occupato le piazze in appoggio alla protesta palestinese per Gerusalemme. Dal Palazzo di Vetro, in una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza, l’Onu si è schierato per Gerusalemme capitale di 2 Stati, avvertendo che la scelta di Trump «minaccia la pace». Anche l’Europa si è mossa e il capo della diplomazia della Ue, Federica Mogherini, ha invitato il presidente palestinese Abu Mazen ad andare a Bruxelles per partecipare al prossimo Consiglio degli Esteri Ue a gennaio prossimo. Un appuntamento che seguirà – se confermato – il viaggio a Bruxelles nelle prossime settimane del premier Benyamin Netanyahu.

Gli ambasciatori Onu di cinque Paesi europei (Italia, con l’ambasciatore Sebastiano Cardi, Francia, Gran Bretagna, Germania e Svezia ) hanno letto una dichiarazione comune al Palazzo di Vetro dicendosi in «disaccordo» con la decisione di Donald Trump.

La mossa europea ha offerto una sponda ad Abu Mazen, in pressing diplomatico sui leader mondiali (Russia compresa) a contrasto della scelta americana. La leadership palestinese ha fatto trapelare che difficilmente Abu Mazen incontrerà il prossimo 19 dicembre il vice presidente Usa Mike Pence, in visita nella regione; ma fonti statunitensi hanno invitato i palestinesi a non disertare l’incontro.

In serata, Abu Mazen ha detto di accogliere con favore «la grande condanna internazionale testimoniata dalla riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu» di oggi al palazzo di Vetroe ha sottolineato: «Rinnoviamo il nostro rifiuto della posizione americana su Gerusalemme. Gli Usa non sono più qualificati per occuparsi del processo di pace».

 

Intanto il segretario di Stato Usa Rex Tillerson ha spiegato che per il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme ci vorranno almeno due anni.

 

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Per ora a parlare sono però le violenze: da Betlemme a Ramallah, da Hebron, a Nablus, Qalqilya, a Gaza, migliaia di persone si sono riversate nelle strade per le proteste lanciando pietre, bottiglie incendiarie e pneumatici in fiamme contro le forze di sicurezza, mentre a Gerusalemme la situazione è apparsa più calma all’uscita delle preghiere del venerdì – tanto temute alla vigilia – sulla Spianata delle Moschee. Questo non ha impedito scaramucce con bandiere israeliane date alle fiamme e slogan del tipo «la guerra si sta avvicinando, Al Quds (Gerusalemme) è araba». Degli oltre 750 feriti, secondo i dati del pronto soccorso palestinese, 61 sono stati raggiunti da colpi di arma da fuoco dell’esercito. A Gaza, nei pressi della barriera di separazione con Israele dove si erano assembrati i manifestanti, c’è stato il primo morto: Mahmoud al-Masri (30 anni) – ha detto il locale ministero della Sanità – «è stato ucciso dalle forze dell’occupazione a est di Khan Younis».

 

«Né Trump né alcun altro potrà cambiare la verità storica, geografica e l’identità della Città Santa. Sogna chi pensa che tutto si esaurirà con le manifestazioni», ha avvertito minaccioso il leader di Hamas.

LA STAMPA

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