Boccia: gli industriali chiedono più attenzione all’automotive

fabio de ponte
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«Una richiesta di attenzione al mondo automotive». È questo che il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia porta con sé a Roma, dopo una giornata passata a Torino, dove ha preso parte alla pre-assise del Nord-Ovest: 250 imprenditori arrivati da Piemonte, Liguria e Val d’Aosta per discutere di futuro. Una discussione lunga, serrata. Qualcuno assente a causa della neve. Stanco, appena sceso da un aereo che ha impiegato mezz’ora in più del previsto per raggiungere la capitale a causa del maltempo, Boccia traccia il suo bilancio: «E’ andata molto bene».

 Cosa è emerso? Cosa serve per rilanciare l’economia piemontese?

«Il Piemonte e Torino sono uno dei pilastri fondamentali dell’industria. Da qui, vale la pena di ragionare su un progetto di mobilità come driver di sviluppo. Ponti, ferrovie, infrastrutture. In cui sia dentro anche l’automotive».

 

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Cosa vi hanno chiesto gli imprenditori piemontesi?

«Sono emerse due cose a Torino. Una richiesta di attenzione al mondo automotive attraverso una sorta di piano di mobilità in termini complessivi e l’importanza delle dotazioni infrastrutturali, tra cui tantissime che partiranno da Torino. Ma è cruciale il fattore tempo. Il problema è in quanto tempo si realizzeranno».

 

A proposito di tempi, la Pubblica amministrazione paga ancora i fornitori in tempi lunghissimi, tanto che la Commissione Ue ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia. Cosa dovrebbe fare il governo per risolvere il problema?

«E’ evidente che abbiamo fatto qualche passo avanti rispetto a qualche anno fa ma non abbiamo ancora risolto il problema strutturalmente. Il governo dovrebbe studiare una megacartolarizzazione sul passato e pagare le imprese. Poi dovrebbe imporre regole più stringenti sugli enti, per costringerli a pagare. Quello che non consideriamo mai è che i tempi lunghi di pagamento si portano dietro le spese di interesse, che rappresentano un costo occulto. Il Paese va normalizzato».

 

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Cosa bisogna fare sul fronte dell’occupazione?

«È emerso l’importanza del tema della formazione. Bisogna ragionare sia sulla formazione interna alle fabbriche per chi già lavora, che su quella esterna, per i giovani. La questione del collegamento tra università e lavoro è fondamentale».

 

E’ tornata ad affacciarsi l’ipotesi di limitare il numero di rinnovi consentiti per i contratti a tempo determinato. Lei che ne pensa?

«Ma di cosa stiamo parlando? Cosa cambierebbe? Il Jobs Act e il piano Industria 4.0 hanno prodotto un aumento del 30% degli investimenti e del 7% dell’export. Ciò che funziona non va cambiato. Noi valutiamo i provvedimenti e non i governi».

 

Che cosa propone?

«Bisognerebbe fare la decontribuzione totale per le assunzioni dei giovani e accompagnarla con una defiscalizzazione. Questo consentirebbe di ridurre il cuneo e aumentare le assunzioni».

LA STAMPA

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