Felici per legge come in dittatura
La proposta di Di Maio sulla chiusura obbligatoria dei negozi nelle dodici festività dell’anno per rendere «più felici» esercenti e dipendenti dice parecchio sul concetto di libertà dei grillini, molto simile del resto a quello che hanno già dimostrato di avere della democrazia.
Un’oligarchia di non eletti (né Grillo né Casaleggio lo sono mai stati) detta regole per il bene degli adepti, decidendo di volta in volta ciò che è giusto e ciò che è sbagliato in base alla convenienza della setta. Per cui «uno vale uno» solo se l’«uno» risulta essere quello già prescelto dal capo (in caso contrario si annullano le elezioni); per cui in caso di loro vittoria elettorale le banche saranno sottratte ai magheggi della politica e messe sotto il controllo dello Stato attraverso dei garanti (ovviamente da loro scelti e nominati); per cui i giornalisti sono già oggi catalogati e gli sgraditi messi alla berlina in liste di proscrizione pubbliche.
In questo quadretto da socialismo reale non poteva mancare il tassello della «felicità di Stato», ovviamente dello Stato grillino. Per la quale un commerciante non sarà più libero di decidere se essere felice stando a casa a riposarsi nei giorni festivi o viceversa aprendo la bottega e guadagnando così qualche soldo in più. Il commerciante, e i loro dipendenti per i quali vale lo stesso concetto, dovranno essere felici a comando, tutti uguali e tutte allineati alle direttive della Casaleggio. Che prima o poi – e non è uno scherzo, le dittature funzionano così – proverà a imporci dove viaggiare, cosa mangiare e i modelli con cui vestirsi.
La scelta di lavorare o riposarsi nei giorni festivi – almeno che non si tratti di pubblico servizio – è un diritto inalienabile del singolo imprenditore, libertà dalla quale lo Stato dovrebbe stare il più lontano possibile. Affari nostri come vogliamo raggiungere la felicità, e certo saremo più felici con meno leggi, meno obblighi e vincoli.
L’unico lavoro fatto da Di Maio è stato staccare i biglietti allo stadio San Paolo di Napoli di domenica, cioè in un giorno festivo. Poi ha scoperto che facendo il parlamentare avrebbe evitato – strapagato – pure quella scocciatura. Non mi sembra uno in grado di giudicare la felicità dei lavoratori.
IL GIORNALE