Sergio Mattarella il suonatore prudente
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Alessandro De Angelis Vicedirettore, L’Huffpost
Più di un segnale indica come il Quirinale sia già entrato nella fase operativa per le elezioni politiche. Perché nelle modalità dello scioglimento c’è già tutta la preoccupazione per il dopo. È ormai acquisito, come anticipato da HuffPost, che Gentiloni non rassegnerà le dimissioni, ma si limiterà a fine anno a salire al Colle per dichiarare “esaurito” il suo mandato. Prassi già sperimentata che ha un valore tutto simbolico e politico: “Comunque – spiega più di un costituzionalista – il governo, insediate le nuove Camere resta in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, come se si fosse dimesso, dunque formalmente è la stessa cosa ma è chiaro che, come immagine politica, resta più ‘integro'”.
Segno che, al Quirinale, si prevede un post-voto lungo e complicato in cui avverte la necessità di un punto fermo istituzionale. E non è un caso che anche Silvio Berlusconi, intervenendo alla presentazione del libro di Vespa, assecondi la mossa quirinalizia, rivelando la stesse preoccupazioni per uno scenario di ingovernabilità: “In caso di stallo, sarebbe giusto proseguire con questo governo per consentire alle forze politiche di proseguire con una campagna elettorale non brevissima che possa durare almeno tre mesi”.
Ecco: tutti gli attori si predispongono già alla grande incertezza elettorale che assomiglia a un viaggio verso l’ignoto, con la difficoltà a far nascere un governo. In questa sorta di “prorogatio” c’è tutta la difficoltà, registrata nei sondaggi e negli umori, dell’ipotesi attorno cui i Palazzi si dilettano quotidianamente: le larghe intese, magari con Gentiloni premier. “Gentiloni dopo Gentiloni”, come qualche anno fa si diceva “Monti dopo Monti”, ennesimo riflesso condizionato di un Sistema che tende a sottovalutare la variabile “sovranità popolare”. Ragionando con i suoi, il Cavaliere, si è mostrato molto preoccupato per il crollo del Pd nei sondaggi, quelli veri: “Siamo costretti a vincere – dice una fonte ad Arcore – perché è difficile che noi e Pd, che al momento è al venti per cento, riusciremo ad avere i numeri e se arrivano i 5 Stelle ci aggrediscono le tv. Il presidente è terrorizzato dall’eventualità”.
Gentiloni per gli affari correnti, come salvagente di tutti, è il salvagente che attesta la fragilità dell’ipotesi di Gentiloni per le larghe intese. È una suggestione tedesca quella che si aggira nei Palazzi: quattro mesi senza governo, la difficoltà alle larghe intese, l’opinione pubblica e gli industriali che chiedono un ritorno al voto. È chiaro che parlare di scenari è un po’ come, direbbe il vecchio Marx, cucinare ricette per l’osteria dell’avvenire, ma certo tutti, a partire da Mattarella, si preparano già alla grande incertezza.
I frequentatori del Colle spiegano che “Mattarella non è Napolitano”, nel senso che non alcuna intenzione di rivestire il ruolo di guida o supplente rispetto a partiti incapaci di prendere le proprie responsabilità: “Non ha in testa un ‘governo del presidente’, calando dall’alto soluzioni emergenziali ed esponendosi alla critica di negare il volere del popolo. Ascolterà le forze politiche e se si accorderanno tra loro, bene, altrimenti si assumeranno la responsabilità”.
È un concetto, la centralità del Parlamento, che sta molto a cuore a Mattarella, come ha ripetuto in più occasioni, come nel discorso alle alte cariche dello scorso anno. E che sarà affrontato anche nel tradizionale discorso di fine anno, dopo uno scioglimento che, secondo i ben informati, ci sarà tra il 28 e il 29 dicembre. Teoricamente votando ai primi di marzo sarebbe ancora possibile riprovarci entro la fine di giugno se non si dovesse formare un governo.
Tutto questo non significa che ci sia una roap map tracciata e immutabile. Giuliano Amato, profondo conoscitore deli meccanismi istituzionali, definì i poteri del capo dello Stato come di una fisarmonica, che si chiude e si apre a seconda dei momenti e dei contesti. Sergio Mattarella è un suonatore prudente, che sceglie lo spartito quando si pone il problema. E c’è, in questi ragionamenti che trapelano, già una traccia: “Nel dire che decide il Parlamento – proseguono fonti informate – e nel far capire che senza maggioranza si può rivotare, già lascia intuire le carte pesanti che ha in mano. La volta scorsa Napolitano non aveva il potere di scioglimento, perché c’era il semestre bianco e doveva nascere un governo. In questo caso, è come se dicesse: attenzione a giocare col fuoco, chi lo dice che se si scioglie e si va ad elezioni di nuovo si produce un quadro più chiaro?”.
Perché è chiaro che la politica è questa: dichiarazioni e spifferi servono per i giornali, ma la trama vera si costruisce anche dicendo l’opposto di quel che si vuole. Berlusconi nega quelle larghe intese su cui metterebbe la firma, se ci fossero i numeri e indossa i panni dell’attore che gioca a vincere. Al Quirinale c’è il rovello di un governo da far nascere, che non significa larghe intese ma, semplicemente, un governo con uno straccio di maggioranza perché il voto dopo pochi mesi, a quadro immutato, rappresenterebbe una crisi senza precedenti. Perché l’ordinaria amministrazione è un salvagente, ma con i salvagenti non si naviga.
L’HUFFPOST
This entry was posted on giovedì, Dicembre 14th, 2017 at 09:13 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.