Maria Elena sceglie la corrida tv. “Basta, non ho mai fatto favori”

francesca schianchi
roma

«Io non sono attaccata a una poltrona ma alla verità. Non è giusto lasciare solo perché ci sono persone che dicono bugie». È tardi, il duello tra il «dottor Travaglio» e la «signora Boschi», come si chiamano tra loro, è andato oltre l’orario stabilito, ma la sottosegretaria acchiappa l’ultima parola e chiude così, rigettando la richiesta di dimissioni che si alza rumorosa dalle opposizioni. La puntata di «Otto e mezzo», a cui ha chiesto ospitalità per difendersi proponendo che sia il direttore del «Fatto» a intervistarla, e l’ennesima giornata di passione della sua vita politica, ancora una volta legata a Banca Etruria, l’istituto aretino di cui il padre è stato vicepresidente.

 Almeno la terza giornata sulla graticola, dopo quel 18 dicembre 2015 in cui dovette difendersi da una mozione di sfiducia alla Camera e in diciassette minuti e rotti giurò che «non ho mai favorito la mia famiglia o i miei amici, non c’è conflitto d’interessi, nessun favoritismo, nessuna corsia preferenziale», e il 9 maggio 2017, quando l’uscita del libro «Poteri forti (o quasi)» di Ferruccio de Bortoli – secondo cui la Boschi avrebbe proposto all’allora ad di Unicredit Federico Ghizzoni di valutare l’acquisizione di Banca Etruria, affermazioni che lei smentisce e per le quali chiede i danni – accese nuovamente i riflettori su di lei.</

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Ieri, la nuova tempesta si annuncia nel primo pomeriggio, quando le agenzie battono le parole del presidente della Consob Vegas. Lei, Maria Elena Boschi, capisce al volo cosa si sta preparando. Tempo mezz’ora, e sul suo smartphone è uno stillicidio di agenzie che la attaccano, dal Cinque Stelle Carlo Sibilia («ha mentito al Parlamento»), all’ex compagno di partito Roberto Speranza («dimissioni»). L’unica difesa è l’attacco, si sono detti da tempo con il segretario Renzi. Ora, con la grandinata di reazioni in mano, tra richieste di dimissioni e di non ricandidatura, il segretario e la fidatissima sottosegretaria si sentono, concordano la linea: «Non stiamo a guardare, rispondiamo, non stiamo zitti». In serata è previsto già da un paio di giorni che Renzi sia ospite a «Piazzapulita», ma non basta: serve che si esponga lei, che mostri tutta la sicurezza, la rabbia e la tensione che traspaiono a sera a «Otto e mezzo», dove non a caso chiede che ospite con lei sia Marco Travaglio, non un giornalista amico – «lei mi odia», gli ripete lungo la trasmissione, «se fossi stato un uomo non mi avrebbe riservato questo trattamento» – un faccia a faccia che per lei significa un atto di coraggio da regalare agli italiani all’ora di cena per convincerli.

 

Scrive su Facebook, battibecca via Twitter con Di Battista. La difesa è tutta in punta di dichiarazione, come se la sottosegretaria tornasse nei panni dell’avvocatessa Boschi. «Confermo per filo e per segno tutto ciò che ho detto in Parlamento due anni fa. Tutto. Chi mi chiede le dimissioni perché avrei mentito in Parlamento deve dirmi in quale punto del resoconto stenografico avrei mentito. E i giornalisti hanno il dovere di indicare il passaggio in cui avrei mentito al Parlamento». Lo scrive nel pomeriggio, lo ripete in tv. «Non c’è stato nessun favoritismo nei confronti di mio padre o della mia famiglia». Non ha detto, in quei diciassette minuti in Parlamento, di non essersi occupata di Banca Etruria, il concetto che M5S e sinistra le rimproverano e su cui lei insiste per dire: non ho mentito. Ma non ha nemmeno detto di essersene occupata, la riprende Travaglio, che guadagna una querela non appena apre bocca. Con Vegas, che, svela la sottosegretaria, «in modo inusuale» la invitò a casa sua alle 8 del mattino, «non ho sbagliato perché non ho chiesto nulla che eccedesse il mio ruolo istituzionale» e incontrare presidenti di Autorità «per il mio ruolo era normale, come fanno altri ministri». «Ma se un ministro parla con il presidente della Consob, nominato dal governo, non esercita una pressione esplicita, gli basta essere un ministro in carica», obietta Travaglio, e lei «di tutto poteva parlare ma non di Banca Etruria di cui suo padre era vicepresidente». Sfuma il finale, con lei pronta a ricandidarsi in Toscana, «ma deciderà il partito».

 

Anche Renzi segue il dibattito: «Ne è uscita a testa alta, da vincitrice», commenta alla fine. Subito prima di raccogliere il testimone, e continuare la difesa su La7. La battaglia è ancora lunga.

LA STAMPA

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