Fuga dei laureati, per tre che escono soltanto uno rientra
MILANO – In un panorama formativo e lavorativo sempre più globale, l’Italia soffre doppiamente il fenomeno di abbandono da parte dei suoi cervelli. Perché non riesce a importarne altrettanti dall’estero: per tre che partono, solo uno rientra.
“Nel 2016 circa 16 mila laureati italiani tra i 25 e i 39 anni hanno lasciato il Paese e poco più di 5 mila sono rientrati, confermando il trend negativo del tasso di migratorietà dei giovani laureati”. E’ uno degli aspetti che rileva l’Istat nel Rapporto sul benessere equo e sostenibile, la serie di indicatori che si affiancano alle tradizionali rilevazioni economiche del Pil per definire lo stato di sallute del Paese. In un anno, quindi, per tre under-40 con titolo accademico andati via, solo uno è rimpatriato. “La capacità dell’Italia di favorire prospettive di occupazione altamente qualificata per i laureati italiani continua a mostrare segnali decisamente negativi”, sottolinea l’indagine.
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Sul fronte della finanza personale, L’Istituto sottolinea che nel 2016 continua ad aumentare il reddito disponibile delle famiglie consumatrici (+1,6% rispetto all’anno precedente); in termini pro capite, il reddito medio disponibile è pari a 18.191 euro, ma aumenta anche la disuguaglianza tra i redditi. Guardando ai dati sulla distribuzione del reddito al 2015, si rileva un incremento più intenso per il quinto più ricco della popolazione, trainato dalla decisa crescita nella fascia alta dei redditi da lavoro autonomo. Di conseguenza è aumentata la disuguaglianza: il rapporto tra il reddito posseduto nel 2015 dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi è salito a 6,3, dal 5,8 registrato nel 2014.
LA MAPPA del Benessere nelle regioni
Tra le differenze di reddito si iscrive anche quella che separa uomini e donne. L’Istat traccia che la quota di occupati part time involontario è costante, ma aumenta il divario rispetto all’Europa: si colloca poco al di sotto del 12% e rimane particolarmente elevata tra le donne (19,1% contro 6,5%per gli uomini). Le difficoltà che le donne incontrano nel mondo del lavoro riguardano anche il rapporto tra il tasso di occupazione per chi ha figli piccoli e chi non ha figli. Dopo cinque anni di aumento, torna a diminuire da 78% a 76% a seguito di una riduzione del tasso per le prime e di un aumento per le seconde.
Nel complesso, in ogni caso, in Italia la soddisfazione per la propria vita mostra netti segnali di miglioramento nel 2016, con il 41% degli individui che ne dà una valutazione molto buona (esprimendo un voto tra 8 e 10), contro il 35,1% del 2015. “Sembra così avviarsi alla chiusura un periodo di forte insoddisfazione, che ha avuto inizio nel 2012, quando l’indicatore è diminuito di oltre 10 punti percentuali in un anno, passando da 45,9% a 35,3%”.
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