Caso Savoia, Grasso: “Rientro dei resti solo atto di compassione”. Ma Emanuele Filiberto: “Il re merita il Pantheon”
ROMA – Continua a suscitare polemiche il rientro e la destinazione finale della salma di Vittorio Emanuele III di Savoia. La comunità ebraica di Roma protesta contro l’ipotesi di tumulare il feretro al Pantheon, come richiesto dalla famiglia. Ma il presidente del Senato esclude questa possibilità e chiarisce che sulla figura dell’ex re d’Italia non verrà fatto “nessun revisionismo”. I Savoia però insistono: “Merita il Pantheon, da sempre la sepoltura dei re è lì”, ha dichiarato Emanuele Filiberto, al termine della cerimonia nella cappella di San Bernardo nel santuario di Vicoforte (Cuneo) dove sono state poste le salme del re e della moglie, la regina Elena. E con lui concorda anche Maria Pia di Savoia, intervistata da Repubblica, che afferma che l’organizzatrice del rientro è stata sua sorella Maria Gabriella, senza avvertire i parenti più stretti.
Ferma da subito la posizione della comunità ebraica: “Ho letto e sono convinta che le istituzioni sapranno prendere la decisione giusta. Sarebbe veramente uno scempio mettere la salma al Pantheon, che è anche un luogo vicino a quello della deportazione di tanti ebrei italiani”, afferma la presidente della comunità di Roma Ruth Dureghello, interpellata a margine della presentazione del restauro del Portico d’Ottavia.
n merito, il presidente del Senato Piero Grasso non lascia spazio a dubbi, escludendo il Pantheon come destinazione finale del feretro: “Un paese maturo e democratico deve saper fare i conti con il proprio passato. Le responsabilità prima, durante e dopo l’avvento del fascismo, così come la firma delle vergognose leggi razziali, non consentono alcun revisionismo”, afferma in una nota. “Il rientro della sua salma in italia, essendo stata esclusa categoricamente la possibilità della tumulazione al Pantheon – aggiunge-, è un mero atto di umana compassione senza alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà”.
Dopo il feretro della regina Elena, infatti, ieri è rientrata in Italia anche la salma del marito, fuggito nel 1946 dopo aver abdicato in favore del figlio Umberto II. Le spoglie si trovavano in Egitto, dove si era rifugiato in esilio: sono state trasportate da un aereo cargo dell’aeronautica militare italiana. La famiglia Savoia aveva richiesto la tumulazione al Pantheon, dove già si trovano i resti dei re d’Italia, ma subito si era levate voci contrarie – in particolare da Anpi e comunità ebraica – che hanno ricordato in particolare il fatto che Vittorio Emanuele III conferì a Mussolini l’incarico di governo e firmò le leggi razziali del regime fascista. Sull’uso del volo di Stato interviene Massimo D’Alema: “Vittorio Emanuele III è stato corresponsabile del fascismo e quindi condivido il sentimento di ripulsa delle comunità ebraiche e dell’Anpi”, commenta il leader di Liberi e Uguali ad Agorà su Rai3. E conclude: “Trovo che il rientro con volo di Stato sia un episodio sgradevole da chiarire in Parlamento”.
Vittorio Emanuele di Savoia, seduto, con la moglie Marina e il figlio Emanuele Filiberto al santuario di Vicoforte
Anche Piero Fassino, ex sindaco di Torino e dirigente del Pd, commenta: “Il decorrere del tempo non cancella le gravi responsabilità di Vittorio Emanuele III, che ha condiviso tutte le sciagurate scelte della dittatura fascista, ha avallato le leggi razziali, ha condiviso l’entrata in guerra e nel passaggio più drammatico, l’8 settembre 43, si è vergognosamente sottratto alle sue responsabilità. Pretendere di rendergli onore è un’ulteriore offesa a quanti, anche pagando con la vita, hanno lottato per la dignità dell’Italia”.
Ma Emanuele Filiberto, che è bisnipote di Vittorio Emanuele III, è assolutorio anche sulla questione della firma delle leggi razziali: “La mia famiglia le ha sempre condannate”. E sulla collocazione dei resti a Vicoforte parla di “una prima tappa, forse una transizione come fu per la sua vita. Nato in Piemonte andò poi a Roma. Da sempre la sepoltura dei re è al Pantheon, c’è già il nulla osta del rettore, intendiamo andare avanti. Sono sicuro che dopo questo passaggio in Piemonte si andrà a Roma. E poi comunque sarà la Chiesa a decidere”
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