Via i tagli a stipendi e vitalizi. Ecco la rivincita della casta
A Montecitorio la Befana è già arrivata lunedì scorso. Col primo dell’anno infatti alla Camera dei deputati (e per analogia anche in Senato) si è dissolto il tetto agli stipendi dei dipendenti introdotto nel 2014. Da quest’anno il taglio doveva diventare strutturale e produrre ben 23,4 milioni di euro di risparmi solo a Montecitorio, ma la pioggia di ricorsi (oltre mille) che ha inondato la Commissione giurisdizionale interna ha fatto sì che si tornasse all’antico. E così in ossequio agli orientamenti della Corte costituzionale, che in queste materie ammette solo interventi temporanei, saltano tetti e sottotetti di reddito e tornano i vecchi scaglioni di anzianità con progressioni sino a fine carriera (40 anni di servizio e oltre contro i 23). Insomma è la rivincita della casta. Che festeggia anche alla Regione Lazio, dove salta (almeno per il momento) il prelievo sui vitalizi dei consiglieri, ed in Sicilia. Anche qui con l’anno nuovo è saltato il tetto dei 240mila euro imposto ai dipendenti dell’Ars, anche se la giunta di centrodestra a breve potrebbe ripristinarlo.
Via tutti i tetti
I più contenti sono certamente di 2200 dipendenti di Camera e Senato, che facendo leva sulla autodichia, ovvero l’autonomia assegnata agli organi costituzionali di risolvere al proprio interno ogni disputa col personale, dopo tre anni di Purgatorio e tagli progressivi ai loro stipendi riusciranno ai vecchi, ricchissimi, trattamenti. Commessi, centralinisti e barbieri con più di 23 anni di anzianità da questo mese anziché fermarsi a 99 mila euro lordi all’anno di stipendio potranno arrivare anche a 136.120, i collaboratori tecnici con 40 anni di anzianità a 152.600 (anziché 106 mila), i segretari parlamentari a 156.185 (da 115mila), i ragionieri a 237.990 invece di 166mila e i consiglieri parlamentari addirittura a 358mila invece di 240mila euro. Che poi è l’equivalente del compenso che spetta al Capo dello Stato, il tetto massimo ammesso in tutto il resto della pubblica amministrazione. Il segretario generale della Camera, che per effetto della riforma non poteva più godere di un trattamento specifico, ma a sua volta seguiva la progressione di carriera dei semplici consiglieri parlamentari, potrà addirittura arrivare a 406.399,02 euro (e a 304.847,29 i suoi vice). Un bel salto per Lucia Pagano che nel 2015 prese servizio con un stipendio di 263mila euro, ovvero 200mila euro in meno del suo predecessore Ugo Zampetti che invece percepiva oltre 460mila euro l’anno.
Secondo le stime ben 60 dei 137 funzionari apicali di Montecitorio torneranno a guadagnare più di 240 mila euro lordi all’anno ed una parte consistente delle qualifiche inferiori riconquisterà i vecchi livelli di stipendio: si tratta di poco più della metà dei 1600 dipendenti in servizio. Sul bilancio del 2018 della Camera il dietrofront comporterà un aumento di 4,5 milioni di euro della spesa per il personale fissata a quota 175 milioni. Questo a fronte dei 60,5 milioni di risparmi in 4 anni (36,7 per il Senato) sbandierati al momento di varare i tagli.
Il caso-Lazio
Con l’inizio dell’anno, sempre in ossequio ai dettami della Consulta, esaurisce i suoi effetti anche il provvedimento con cui la Regione Lazio, aveva eliminato per prima i vitalizi per i consiglieri regionali ed introdotto un contributo di solidarietà del 18% per gli assegni in essere. A fronte del bombardamento dei 5 Stelle contro la giunta Zingaretti («a loro il vizio della casta, ai cittadini laziali le tasse più alte d’Italia. Così continuano a prenderci per i fondelli»), il governatore ha spiegato che «appena si riapre la legislatura ripristineremo il fondo di solidarietà che serve a tagliare i vitalizi pregressi. Quello vecchio – ha aggiunto – si conclude con questa legislatura, ma al solo scopo di salvare il provvedimento da eventuali ricorsi».
Sicilia stop and go
Polemiche violente anche in Sicilia visto che anche per i dipendenti dell’Assemblea regionale dopo tre anni è scaduto il tetto dei 240mila euro. Un assessore (Vincenzo Figuccia, delega all’energia) si è addirittura dimesso in polemica col presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè favorevole a ripristinare i vecchi stipendi. Poi c’è stato un ripensamento e la maggioranza di centrodestra ha deciso di prendere tempo per avviare le trattative coi sindacati per ripristinare il vecchio tetto o quanto meno introdurne dei nuovi. Entro febbraio si dovrebbe capire se è vero.
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