L’Italia ha versato alla Ue 37 miliardi in sette anni. Ma rischia di nuovo di non spendere i soldi che ha a disposizione

di RAFFAELE RICCIARDI

MILANO – Nei sette anni tra il 2010 e il 2016 l’Italia ha versato all’Europa oltre 37 miliardi, ricevendone benefici che non sono neppure quantificabili. Ha accelerato la spesa dei fondi della programmazione economica chiusa di fatto nel 2015, riuscendo a non disperdere risorse. Ma lo ha fatto con alcuni trucchi contabili che in realtà hanno salvato la possibilità di sfruttare i denari, ma che sono arrivati solo in parte – effettivamente – sul territorio. E per l’attuale ciclo di bilancio, giunto ormai alla metà della sua vita (termina nel 2020), mostra di nuovo la tendenza a gravi ritardi. E’ il succo della relazione che la Corte dei Conti ha dedicato ai “Rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei Fondi comunitari”, girata nei giorni scorsi al Parlamento.

I CONTI TRA ROMA E BRUXELLES
L’Italia è il quinto Paese europeo per contributi netti versati alle casse comunitarie: 4,4 miliardi nel corso del 2016, un valore in linea con l’anno precedente. E’ cambiata però la modalità in cui questo assegno si è formato: nell’ultimo anno analizzato, l’Italia ha infatti prelevato (15,7 miliardi, -4,7% sul 2015) e versato meno (da 12,03 a 11,3 miliardi) sui c/c di Bruxelles. I magistrati contabili calcolano che nel periodo 2010-2016 il contributo complessivo netto italiano all’Europa è stato di 37,7 miliardi, il quarto dopo Germania, Regno Unito e Francia. Ma ammoniscono dal trarre facili conclusioni da queste cifre: “La sola considerazione dei saldi finanziari, costantemente negativi per il nostro Paese, non esaurisce l’analisi economica dei costi e dei benefici derivanti dalla partecipazione all’Unione europea”, sostengono. “A rendere più evidenti i benefici, potrebbe contribuire in futuro un più diretto collegamento tra risorse devolute all’Europa e finanziamento di ‘beni pubblici europei’ (quali ad esempio la stabilità finanziaria, lo sviluppo sostenibile, la protezione ambientale)”. Sopravvivere con il nostro debito, in sostanza, non ha prezzo.

SPESO TUTTO LO SPENDIBILE, MA CON IL TRUCCO
Nell’analizzare il ciclo di programmazione finanziaria 2007-2013, la Corte conclude che l’Italia ha assorbito “prossoché integralmente le risorse europee assegnate”: su 27,9 miliardi, ne sono rimasti in canna appena 193. Un risultato “indubbiamente positivo” se si considera che al 2011 eravamo appena al 18% delle spese. I magistrati riconoscono gli sforzi delle autorità per rincorrere questo risultato, che però è arrivato anche a degli accorgimenti contabili. A partire dall’overbooking, concetto caro alle compagnie aeree: candidare più progetti ai fondi di quanta sia la dotazione finanziaria, in modo da avere un sostituto pronto a subentrare se qualcosa s’inceppa sul candidato principale. Questi e altre forme di “ingegneria finanziaria” hanno dunque rifatto il trucco alla pagella italiana. Strumenti che hanno sì il merito di conservare (e non far decadere come accaduto in passato) il contributo europeo. Ma che mascherano il mancato arrivo effettivo dei denari laddove serve, per lo meno in tempi apprezzabili: “A fine periodo, le minori risorse nazionali effettivamente immesse a sistema”, rispetto alla programmazione originaria di sette (+ 2 anni di extra-time), “possono stimarsi in quasi 15 miliardi”. Per di più, ai magistrati viene il dubbio se l’esigenza di “rincorrere la spesa con ogni mezzo per garantire l’assorbimento dei Fondi europei” abbia consentito “una maggiore ponderazione degli interventi in sede di riprogrammazione, in favore di una selezione di progetti qualitativamente validi ai fini della crescita e dello sviluppo”.

I NUOVI FONDI COL CONTAGOCCE
E come sta andando con i nuovi fondi, quelli della programmazione al 2020? Dice la Corte: “Al 30 giugno 2017 il livello di attuazione ha raggiunto il 10,19%, per gli impegni, e il 3,16%, per i pagamenti. Valori piuttosto bassi, considerando che si è giunti a metà del ciclo di Programmazione, che rischiano di compromettere seriamente gli intenti di miglioramento della tempistica di attuazione e della performance rispetto al ciclo precedente”. Anche per questo giro, in sostanza, serve un rush finale per spendere quanto messo a disposizione. Numeri ai quali si oppone però il titolare della Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, secondo i quali la fotografia più attuale è meno grigia: “La spesa dei fondi strutturali certificata a Bruxelles dalle Autorità di Gestione responsabili dei programmi assomma al 31 dicembre scorso a 2,6 miliardi di euro (5,2% dei fondi Fesr e Fse) centrando pienamente l’obiettivo stabilito dalla Commissione Europea per l’Italia nel 2017”.

LE INFRAZIONI e LE FRODI
Quel che sottolineano infine i magistrati contabili è che se da una parte è migliorato il processo di recepimento delle direttive europee, grazie alla legge di delegazione nella sua nuova forma, dall’altra “continuano a destare preoccupazione, anche nel 2016, i dati relativi alle procedure di infrazione aperte contro l’Italia per violazione della normativa europea, in particolare per quanto concerne il recepimento non corretto di direttive e il recupero degli aiuti di Stato illegittimi”. Emerge anche una forma di recidiva: vantiamo alcune “seconde condanne” per mancata ottemperanza alle statuizioni di una prima sentenza della Corte di Giustizia: fardelli indefinibili economicamente, perché “trascinano con sé un seguito di ingenti penali, di importo indefinito, in quanto destinate a protrarsi finché non sarà data esecuzione al giudicato”. Intanto, quel che è certo è che le “seconde condanne” hanno presentato un conto milionario per l’Italia: dall’emergenza rifiuti in Campania al mancato recupero di aiuti corrisposti alle imprese in Veneto, passando attraverso le “discariche abusive” e il “mancato recupero degli sgravi contributivi illegittimi concessi per interventi a favore dell’occupazione” (sentenza addirittura del 2011), il Mef tra il 2012 e il 2017 ha staccato assegni per ben 412 milioni.

Resta poi il capitolo di irregolarità e frodi a danno del bilancio dell’Unuone, con i relativi fondi da recuperare, che per il solo 2016 “sono risultati elevati: la casistica più ricorrente ha interessato la violazione della normativa sugli appalti), con un’incidenza maggiore per i Programmi Operativi Nazionali (65,6%) rispetto ai programmi regionali (34,4%) e con situazioni di maggiore criticità nel Meridione”. Dalle carte dei magistrati contabili si elencano casistiche di frodi che vanno dalla “truffa aggravata dovuta alla presentazione di documentazione giustificativa di spesa maggiorata”, ai vasti errori che riguardano gli appalti: lavori aggiuntivi senza gara; perizie di variante in assenza di circostanze impreviste ed imprevedibili; aggiudicazione diretta di contratti in assenza di specifica giustificazione.

Irregolarità e frodi per Amministrazioni – Anno di comunicazione 2016
Solo casi aperti – importo da recuperare (quota UE e quota NAZ)
Amministrazioni TOTALE
VALLE D’AOSTA
PIEMONTE (ARPEA) 1.750.311
LOMBARDIA (OPLO) 4.320.408
TRENTO (APPAG) 278.935
BOLZANO (OPPAB) 28.151
V. GIULIA 80.000
VENETO (AVEPA) 1.238.977
LIGURIA
EMILIA-ROMAGNA (AGREA) 2.565.292
Totale Nord 10.262.074
TOSCANA (ARTEA) 421.963
UMBRIA
MARCHE 649.819
LAZIO
ABRUZZO 1.220.631
MOLISE 122.242
Totale Centro 2.414.654
CAMPANIA
BASILICATA 829.428
PUGLIA 5.936.095
CALABRIA (ARCEA) 17.521.887
SICILIA 5.217.856
SARDEGNA
Totale SUD 29.505.265
Amm. Regionali 42.181.993
Ministero sviluppo economico 1.100.853
Ministero università e ricerca 43.312.813
Ministero istruzione 29.353
AGEA 36.143.295
TOTALE Amm.ni centrali 80.586.315
TOTALE complessivo 122.768.308

Fonte: Corte dei Conti

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