Il Movimento 5 Stelle, partito playstation

Giorgio Mulè

Bisogna dare atto al Movimento 5 stelle di aver compiuto un atto di trasparenza in vista delle prossime elezioni politiche: c’è un nuovo statuto dell’associazione, un nuovo codice etico, un nuovo regolamento per la selezione dei candidati. Tutto nuovo per il grande appuntamento del 4 marzo.

Bisogna leggerli questi documenti, bisogna meditarli soprattutto. Innanzitutto viene finalmente sancita la fine dell’ipocrisia del principio “uno vale uno” che aveva stregato tanti elettori e simpatizzanti. Le purghe di questi anni avevano già dimostrato che di principio farlocco si trattava, ma adesso viene almeno sacralizzato che non più “uno vale uno” ma “uno solo vale”.

Dove l’uno sta per il Capo Politico ossia Luigi Di Maio, dal momento che Beppe Grillo sempre più distante dalla gestione del movimento rimarrà solo come Garante. Va da sé che in questo rimescolamento è stato non solo contemplato ma ancor di più esaltato il ruolo della Casaleggio Associati e quindi del nuovo moloch digitale che è la piattaforma Rousseau.

Leggere i nuovi “protocolli” dei 5 Stelle è istruttivo per chiunque, ribadisco, non solo se si abbia una qualche forma di attrazione per il movimento. A scorrere i commenti di chi è dichiaratamente grillino e ha anche incarichi di responsabilità, insomma dalla cosiddetta “base” alla classe dirigente, la riforma viene salutata come una forma di autoritarismo estremo.

Perché, tanto per dirne una, queste regole vengono calate dall’alto con buona pace della tanto declamata democrazia interna e perché – detto fuori dai denti – Luigi Di Maio ovvero il Capo Politico (va scritto in maiuscolo…) non ha esattamente il carisma di Grillo. Con queste nuove regole il Movimento assume la forma del partito Playstation.

Sì, insomma, come il gioco in cui una persona guida sul televisore decine di pedine con un joystick: quel joystick in mano ce l’ha Giggino Di Maio, ma al posto del televisore c’è l’aula di Montecitorio e di palazzo Madama e i “giocatori” sono i parlamentari dei 5 Stelle. Non c’è uno schermo dove basta schiacciare un tasto per far finta di nulla e annullare la partita, qui si gioca con la vita democratica.

Davvero si vuol accettare che Di Maio abbia il joystick in mano e possa decidere di fare il bello e il cattivo tempo a seconda della convenienze e degli umori? Se il modello che il Capo Politico ha in mente è questo, converrà domandarsi se mai il Movimento dovesse avere responsabilità di governo nazionale (su quello locale c’è già abbondante letteratura) quale deriva prenderebbe il Paese.

Converrà rifletterci, perché non si tratta di un pericolo inferiore alle idee strampalate partorite e confusamente messe sul tappeto su tasse e pensioni.

PANORAMA

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