Vaccini e tasse, scintille nel centrodestra
Matteo Salvini è riuscito a concentrare su di sé tutta la giornata politica e l’avvio di una campagna elettorale che si preannuncia incandescente. Il tema super sensibile è quello dei vaccini. Per il leader della Lega non devono essere obbligatori per legge. Non è nuovo a questa posizione. Lo aveva detto alcuni mesi fa, spiegando che lui però ha vaccinato i suoi figli, ma vuole mettere in guarda dei rischi. «Consiglio, in particolare a tanti chiacchieroni che parlano senza sapere, la lettura di un testo, assolutamente scientifico e documentato, del prof. Paolo Bellavite: “Vaccini si, obblighi no”. Bisogna educare e accompagnare i genitori e non costringerli: in 15 paesi dell’Unione non c’è obbligo sulle vaccinazioni».
Salvini parla di libertà di scelta e su questo terreno prova ad aumentare il bottino di voti. Subito si è scatenata la polemica, non solo da parte di Renzi, che parla di «battaglia oscurantista», e del ministro della Salute Lorenzin («l’Italia va vaccinata dagli incompetenti») che è anche leader della lista Civica popolare.
Hanno accusato Salvini di giocare sulla pelle dei bambini. Ma a non essere d’accordo è anche Forza Italia che ha escluso che l’obbligatorietà dei vaccini verrà cancellata da un eventuale prossimo governo di centrodestra. Il capogruppo azzurro Paolo Romani è stato chiaro, ricordando che in Parlamento anche il partito di Berlusconi ha votato per l’obbligatorietà: «Va nella direzione della tutela della salute dei nostri figli».
I contrasti nel centrodestra non si fermano solo sui vaccini, proprio nel giorno in cui si è riunito per la prima volta il tavolo per il programma. La Lega aveva proposto la flat tax al 15%. Anche Fratelli d’Italia era d’accordo. Ma i berlusconiani si erano riservati di stabilire la percentuale. Quando Brunetta si è ripresentato in serata al tavolo ha detto che era meglio non specificare nulla. La discussione è proseguita di notte. Altro tema caldo la legge Fornero che la Lega vuole annullare mentre Fi solo in parte. Noi con L’Italia, cioè la quarta gamba, non vorrebbe toccarla. Stesso discorso sul Jobs act. Berlusconi in mattinata a ipotizzato l’abolizione della riforma del lavoro, dicendo che è fallita. Dopo qualche ora ha aggiustato il tiro, affermando che «va bene così». Niente reintroduzione dell’articolo 18 cancellato dal governo Renzi e la cui abolizione è stata una delle battaglie perse dal Cavaliere con il sindacato. «Da liberista autentico – ha precisato – è evidente che un lavoro precario è meglio dell’assenza ma è vero pure che non è una buona soluzione per un’azienda e soprattutto per il lavoratore».
A dire no alla reintroduzione dell’articolo 18 è stata Giorgia Meloni, che però ha bocciato il Jobs act nella parte che prevede gli incentivi all’assunzioni («non sono serviti a niente, hanno drogato il mercato del lavoro»). Chi è invece nettamente contrario a toccare la legge è Maurizio Lupi che è stato ministro e capogruppo nella maggioranza di centrosinistra: il Jobs act è stato tante volte rivendicato come uno dei successi del Nuovo Centrodestra, il suo partito di allora. «Il dibattito scatenatosi sul Jobs Act, a fronte dei dati positivi dell’Istat sull’occupazione, mi sembra francamente surreale. Sull’occupazione sono stati fatti dei passi avanti, occorrerebbe a tutti l’onestà intellettuale di ammetterlo», ha detto Lupi che oggi fa parte di Noi con l’Italia, la cosiddetta quarta gamba del centrodestra.
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