Renzi: “Schiero la squadra migliore: Gentiloni e tutti i ministri nei collegi”
“Nessuno ha una squadra forte come la abbiamo noi. I ministri saranno in campo candidandosi in un collegio e in più di una circoscrizione proporzionale. Noi metteremo in campo la squadra migliore, tutti”. Anche Paolo Gentiloni? Io penso che è il migliore del suo collegio”. Prima nella direzione Pd, poi in serata a Matrix, il segretario Pd Matteo Renzi delinea regole e “squadra” Pd nelle elezioni del prossimo 4 marzo.
E quindi da Gentiloni a Minniti, da Orlando a Franceschini a Delrio, saranno “tutti” candidati nei collegi uninominali e “in uno o più listini proporzionali”. Tutti i membri del governo andranno alla sfida di collegio, anche a costo di perdere. Perché bisogna trainare il partito e il segretario chiede anche a chi aveva dei dubbi, di stare in prima linea, a portare voti.
Gentiloni, che aveva dato la sua disponibilità, sarà candidato alla Camera, probabilmente nel suo collegio di Roma 1, e poi al proporzionale in Lazio, Piemonte e in una Regione del Sud (ma non la Puglia). Per lui era stata ipotizzata una candidatura più tranquilla nel proporzionale. Ma i primi nomi di candidati che Renzi fa non sono quelli di politici. Ci sarà anche – conferma Renzi – il medico napoletano Paolo Siani e annuncia la scesa in campo dell’ex segretaria dei pensionati della Cgil Carla Cantone.
Con i ministri in campo il limite dei 15 anni di legislatura previsto dal regolamento per potersi candidare porterà inevitabilmente a delle deroghe. E il limite rischia di tagliare fuori esponenti del Pd come Roberto Giachetti, Beppe Fioroni e Piero Fassino. Ma, dice Renzi, dobbiamo fare di tutto per mettere in campo “i migliori”, convinto che il team dem sia “il più forte” rispetto alle compagini avversarie.
L’idea del leader dem è “valorizzare quanto fatto dal nostro Governo” e “dare l’idea di una compagine, di un team, che è più credibile degli altri”. Pronti a correre sono Delrio a Reggio Emilia, Franceschini a Ferrara, Orlando a La Spezia, Martina a Milano, De Vincenti al Sud, Pinotti a Genova, Lotti a Empoli, Padoan (per lui forse a Roma), Minniti (forse in Calabria) e poi Boschi. Il segretario Pd giocherà in casa, a Firenze, nell’uninominale in Senato e nello studio Mediaset spiega così la sua scelta: “Volevo eliminarlo, il Senato, ma ho finito per eliminare solo la mia poltrona da presidente del Consiglio e allora ho pensato fosse giusto rispettare la volontà degli italiani sui poteri del Senato. Devo rendere omaggio alla volontà degli italiani che hanno voluto mantenerli”. Il premier Gentiloni sarà invece candidato alla Camera.
A parte Gentiloni e i ministri, dovranno invece aspettare la chiusura delle liste i, pochi, parlamentari in attesa. Renzi in direzione rassicura tutte le anime dem. Matteo Renzi, a 46 giorni dal voto, non vuole “polemiche” dentro il partito. “Dal 47esimo giorno – assicura aprendo la direzione – non mancherà un’ampia discussione dentro il partito. Ma ora si va casa per casa. Ogni ragionamento sul dopo si fa dopo. Il messaggio è basta discussioni e polemiche, ora a testa alta in campagna elettorale”.
Il segretario ironizza sull’alto numeri di presenti alla riunione del parlamentino dem: “La presenza così ampia dimostra che quando si parla di clima e ambiente, temi su cui sto per fare la mia relazione, la partecipazione è massiccia. Poi incidentalmente alla fine parleremo anche di candidature e campagna elettorale…”, scherza. In realtà, però, la sua è una relazione chiara ma ‘inclusiva’. La fase è quella della definizione delle liste. “La convinzione che ci siano posti sicuri è superata. Tutto è molto contendibile. Il posto sicuro in questo caso ce l’ha chi sul collegio i voti li trova”, dice. La verità, ammette, è che “non tutti rientreranno in Parlamento”, in primo luogo perché non c’è più il premio di maggioranza del Porcellum, ma anche perché “non si possono riportare solo uscenti”.
Rassicurazioni per le minoranze interne: “Le garanzie diminuiscono per tutti. Penso debba esserci quindi serietà da parte del gruppo dirigente, riconoscendo tutte le sensibilità” del partito, sottolinea, non mancando di ricordare di non aver ricevuto lo stesso trattamento quando fu lui ad essere sconfitto nelle primarie 2012 con Bersani. “La volta scorsa ho ricevuto offerte meno vantaggiose di quelle che faccio io – precisa – ma dobbiamo mantenere il principio democratico, dare un riconoscimento alle altre aree non solo simbolico ma anche numerico, anche se, dobbiamo dirlo, gli spazi si riducono”.
Dice di più, il leader dem. Le manovre sono già in corso: “Qualcuno vede nelle alleanze differenziate della sinistra in Lombardia e Lazio un pezzo di una strategia per il dopo. Penso che lo sia: non viviamo su Marte”, afferma, alludendo allo schema per cui il sostegno al non-renziano Zingaretti e il veto sul renziano Gori indicherebbe un modello che per il dopo investe su un Pd non-renziano. Ma sono altri i nemici della campagna elettorale, avverte Renzi: “C’è un evidente disegno strategico con di noi e contro il Pd“, un disegno alimentato da “fake news” come quella sui sacchetti di plastica e “prove fabbricate” come quelle di Consip.
Il lavoro sulla coalizione va avanti. Chiuso l’accordo con l’Svp e il Partito autonomista trentino tirolese, si susseguono le riunioni le delegazioni di Civica popolare, ‘Insieme’ e la lista ‘+Europa con Emma Bonino’. Renzi è fiducioso: “Siamo convinti che questa coalizione possa e debba essere competitiva”, dice. La “vera battaglia”, però, insiste il segretario” va fatta sul simbolo del Pd”, per arrivare ad essere “il primo partito d’Italia”.
La sfida “è con il M5S”, che “predica rancore” e “vuole cancellare la realtà”. Contenuti, quindi. Perché “le elezioni non sono un concorso di bellezza, ma la scelta tra modelli diversi di Paese”. Ma non solo. L’ex premier ci crede : “Non si è mai vinto una campagna elettorale parlando solo alla testa. Dici ‘ma non si può vincere nemmeno parlando alla pancia’. C’è un destino collettivo che ci riguarda, si vince con la testa ma anche con il cuore. E io penso che si possa fare. Non solo perché ci sono dei segnali di ripresa dopo la costante caduta dei mesi scorsi, ma perché – è convinto – una parte profonda del paese ha bisogno di forza tranquilla”. Con una stoccata al sindaco M5s di Roma: “La Raggi ha detto che il maiale è dei
Casamonica? Il problema non è di chi è il maiale ma di chi sono i rifiuti in giro per Roma, perché se non ci sono i rifiuti i maiali non vanno in giro”, staffila Renzi: “Un tempo c’era la lupa e ora c’è il maiale come simbolo di Roma nel mondo”.
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