Ong ancora padrone del mare: fanno sbarcare fino al 50% dei migranti

È di questi giorni la notizia di una ripresa decisa degli sbarchi. Dopo un’estate tutto sommato tranquilla (a confronto con il 2016), a gennaio 2018 il contatore del Viminale ha registrato un aumento del 15% degli arrivi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In valore assoluto si parla di 2.749 migranti a fronte dei 2.393 del gennaio 2016. I numeri allarmano il ministero dell’Interno e l’orologio sembra tornare al periodo precedente l’intervento (a gamba tesa) di Marco Minniti contro le Ong. È vero: rispetto al passato sono aumentati gli sbarchi dalla Tunisia e dalla Turchia, due rotte che non rientrano nelle politiche messe in campo dal governo tra luglio ed agosto tra codice di condotta, accordi con Al Serraj, soldi alle milizie sulla costa e interventi diplomatici nel Fezzan libico. Ma i migranti partiti dalla Libia sono pochi meno (2.195) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (2.226). Una differenza che certifica il traballare della dottrina Minniti.

Secondo Medici senza Frontiere, i numeri ufficiali degli sbarchi dimostrano che “nonostante la capacità di intervento delle Ong sia cambiata”, le migrazioni “non si fermano con azioni di contenimento”. Ma la realtà è un po’ diversa. In mare sono ancora attive diverse navi umanitarie: Msf ha gettato l’ancora della Vos Prudence, ma rimane attiva sul ponte della Acquarius di Sos Mediterraneé; poi ci sono la nave di Proactiva Open Arms, i due pescherecci di Sea Eye (dalle ultime informazioni posizionati, guarda caso, più vicine alla Tunisia) e i pasdaran di Mission Lifeline. Nonostante la minore attenzione mediatica, i vascelli solidali continuano senza sosta le loro missioni e – in barba al codice di condotta – importano in Italia più immigrati di quanto non facciano mercantili, Unione Europea e marina italiana.

A certificarlo ci sono i rapporti ufficiali della Guardia Costiera Italiana. Ogni mese i guardacoste pubblicano online i dossier sulle attività Sar nel Mediterraneo Centrale in cui viene indicato il numero di migranti salvati da ogni singola nave. Ci si attenderebbe che da agosto ad oggi, in seguito alle inchieste e alle politiche messe in campo dal governo per “regolare” le manovre delle Ong, le missioni di recupero siano in mano alle istituzioni nazionali e europee. Ma non è così. Ad agosto, ad esempio, dei 3.993 immigrati arrivati nel Belpaese, ben 1.631 erano saliti su un natante umanitario, ovvero il 40% del totale. I numeri fanno impressione: la Guardia Costiera si è fermata a 853 individui strappati dalle onde, Eunavfor-Med solo 196 e Triton la misera cifra di 107 profughi. Possibile che l’intervento di Minniti non abbia sortito alcun effetto?

Possibile. A settembre, mentre il governo festeggiava il drastico calo degli sbarchi, le Ong collezionavano il 51% delle operazioni di salvataggio portate a termine. Dei 4.648 migranti certificati dai guardacoste, ben 2.379 hanno trovato un ancora di galleggiamento grazie alle varie Msf e Sea Eye, contro i soli 465 della Guardia Costiera, i 554 di Eunavfor-Med e i 199 di Triton. Solo a ottobre il trend si è invertito, per riprendere però a novembre con un altro 40% di clandestini portati a terra “grazie” all’operato umanitario. A conti fatti, da agosto (mese d’inizio della dottrina Minitti) a novembre, quasi il 40% dei richiedenti asilo che l’Italia si trova ad accudire sono stati recuperati dai natanti delle Organizzazioni non governative. Gli ultimi fatti di cronaca, infine, fanno pensare che anche i mesi di dicembre e gennaio siano stati ad appannaggio delle Ong. Alla faccia del “problema risolto”.

Senza contare che alle associazioni caritatevoli pare piaccia ancora navigare a poche miglia dal largo della Libia. La decisione di Tripoli di allargare la propria area Sar di competenza (grazie anche all’appoggio italiano) ha di certo ridotto l’arco d’azione delle Ong, ma non le ha allontanate molto dalla costa. Un esempio? Alcuni giorni fa i quotidiani hanno riportato il “commovente canto delle migranti salvate dai volontari”. Le cronache riportano di operazioni realizzate nel canale di Sicilia tra il 17 e il 19 gennaio, ma i satelliti dimostrano come la nave di Open Arms il 17 gennaio fosse di fronte a Msallata e non nel tratto di mare che divide Trapani dalla Tunisia.

IL GIORNALE

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