Se lo Stato ci concede il diritto di sbagliare

C’è qualcosa di interessante nella norma approvata ieri dai deputati francesi che, nel ridefinire il rapporto tra amministrazione e cittadino, hanno riconosciuto la possibilità che quest’ultimo faccia dichiarazioni errate in perfetta buona fede.

A seguito della nuova legge, dinanzi a un primo errore bisognerà partire dall’ipotesi che si tratti di una scelta involontaria e solo dinanzi a prove specifiche si dovrà riconoscere una qualche colpevolezza. Nella retorica del governo guidato da Emmanuel Macron si tratta di costruire «une société de confiance»: ossia, una società basata sulla fiducia. Questo cambio di prospettiva, però, ci dice molto di come le classi politiche dei Paesi occidentali stiano provando a ricostruire una relazione da tempo deteriorata. Se i cittadini votano sempre meno e, soprattutto, sono sempre più scettici in merito alla possibilità che la politica dia risposte adeguate, la strategia da adottare consiste nel tentare di capire le difficoltà che ognuno di noi incontra nelle sue relazioni con il potere statale. Al momento attuale non si sa ancora se la presunzione d’innocenza varrà anche in materia fiscale. In tale novità, a ogni modo, è facile vedere come lo Stato francese stia iniziando a prendere consapevolezza che ogni cittadino debba far fronte a una selva di regole che in molti casi rendono difficile non sbagliare. .

Ma c’è anche altro. È soltanto un inizio, ma questa «rivoluzione del quotidiano» ha il merito di preannunciare un ripensamento del principio stesso della sovranità. Se non si è più disposti a essere sudditi e se l’autogiustificazione ultima dei poteri pubblici consiste nella volontà di servire i cittadini e favorire la piena espressione delle loro potenzialità, è giusto che i funzionari di Stato mettano da parte ogni spirito inquisitorio. Se sono al nostro servizio, si comportino di conseguenza. Per giunta, tutto ciò avviene nel Paese che con più determinazione ha costruito una sorta di «religione civile». Parigi non soltanto ha visto susseguirsi re e regine che, per secoli e secoli, hanno rafforzato il potere monarchico, accentrato ogni amministrazione, piallato ogni diversità. Nella capitale francese la stessa rivoluzione che avrebbe dovuto allargare le libertà dei singoli si è subito convertita nel suo opposto. Oggi, in Francia, s’inizia ad accettare l’idea che possiamo fare errori senza necessariamente essere criminali. È solo un primo passo, ma nella direzione giusta.

IL GIORNALE

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