Per sfidare Trump i democratici ripartono da Kennedy

AP

In ascesa. Joseph Kennedy III, a soli 37 anni è già una stella nascente del partito democratico. Pronipote dell’ex presidente americano John Fitzgerald Kennedy, è salito alle cronache lo scorso anno con il suo appassionato intervento in difesa dell’Obamacare

paolo mastrolilli
inviato a new york

La risposta a Trump è Kennedy. Nel senso che martedì sera, dopo il rituale discorso sullo stato dell’Unione, la risposta dei democratici al presidente repubblicano verrà affidata a Joe Kennedy III. Però la scelta del nipote di Bob, e pronipote di John e Ted, va oltre il valore della sua orazione. Rappresenta l’ennesimo ritorno sulla scena della dinastia politica americana più famosa, la famiglia reale della più antica democrazia del mondo, che sta già facendo discutere i suoi stessi compagni di partito. Mandare avanti un Kennedy a sfidare Trump significa contrapporre i successi del passato alla vergogna del presente, per puntare verso un futuro migliore, oppure è il disperato sguardo verso un passato che non tornerà più, e dimostra l’impotenza dell’opposizione?

 

Il discorso sullo stato dell’Unione è un dovere costituzionale del capo della Casa Bianca, che si tiene all’inizio dell’anno per spiegare come vanno le cose e quali sono gli obiettivi dell’amministrazione. La tradizione vuole che l’opposizione risponda con un intervento, che in genere viene affidato alle stelle nascenti del partito. Paul Ryan e Marco Rubio, ad esempio, li avevano tenuti per replicare ad Obama. Il problema è che nella maggior parte dei casi questi discorsi sono stati ignorati o dimenticati, se non hanno lasciato un segno per le gaffe commesse, come ad esempio quando Rubio si era messo a bere acqua nel corso della diretta. Fare seguito al presidente che parla in pompa magna al Congresso non è facile per nessuno.

 

Joe porta il nome del patriarca della famiglia Kennedy, e suo padre era stato sei volte deputato del Massachusetts, come lui adesso. Suo nonno era Bob, e quindi è pronipote di John e Ted. Per anni i democratici hanno sognato che un Kennedy tornasse a salvare la patria, ma queste speranze erano state spente dai fallimenti come quello dello stesso Ted, o dalle disgrazie, come quella dell’incidente aereo in cui era morto John John. Joe III ha i tipici lineamenti irlandesi della sua famiglia, ma ha cercato di crescere a modo suo, ad esempio andando all’università a Stanford, prima di tornare ad Harvard per studiare legge. Ha conosciuto la moglie mentre frequentavano una lezione dell’allora professoressa Elizabeth Warren, e condivide le sue posizioni liberal, soprattutto su sanità, immigrazione, economia. Al secondo mandato come deputato, finora Joe aveva tenuto un profilo basso. Due discorsi che ha trasmesso di recente via Facebook, però, hanno attirato l’attenzione dei leader democratici: il primo, contro lo Speaker Paul Ryan durante la battaglia per cancellare Obamacare, era stato visto 10 milioni di volte; il secondo, contro il razzismo dopo gli scontri di Charlottesville, aveva avuto 15 milioni di spettatori. Lui dice che punterà su questi valori, per dare una visione dell’America e del mondo alternativa a Trump. I critici dicono che è solo il rampollo di una dinastia finita, e dimostra la disperazione dei democratici. Il senatore Schumer, che lo ha scelto con Nancy Pelosi, spera invece che nasca una stella, capace in prospettiva di riportare Camelot alla Casa Bianca.

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