Troppi riciclati da destra e sinistra. Tra i grillini scoppia l’ultima polemica
«Se ci sono persone legate ad ambienti politici o persone che non ci convincono, le escluderemo». Luigi Di Maio pronuncia queste parole appena cinque giorni fa. Il M5S sta procedendo a nuove scremature sulle liste proporzionali. Gli esclusi, diversi tra storici militanti, lamentano l’assenza di comunicazione da parte dei vertici. Dal M5S filtrano alcune indiscrezioni: in Calabria una candidata è stata esclusa perché il marito è dell’Udc; a Roma è stata depennata un’ex attivista dell’Idv. La logica sulle esclusioni politiche appare subito un po’ arbitraria. La conferma avviene qualche giorno dopo, quando vengono svelati i candidati all’uninominale, mentre ancora, a due settimane dalle parlamentarie, si attendono i dati sul voto online.
Adesso tutti scavano nell’infinita biografia del web. Avversari di collegio, militanti incavolati, candidati di secondo piano scalzati per lasciare spazio a chi dentro il M5S si è appena affacciato e si ritrova con il biglietto del Parlamento in mano. Screenshot, fotografie, messaggi che arrivano sui tavoli dei giornalisti: i social network non perdonano e riesumano recenti avventure con altri partiti, reliquie esistenziali di cui ci si vergogna un po’.</
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Il caso di Rinaldo Veri è stato il primo e in un certo senso l’ultimo. Perché l’ammiraglio che ha taciuto di essere consigliere a sostegno del Pd a Ortona, è stato pizzicato in tempo, prima della chiusura delle liste, quindi silurato con una certa facilità. Più complicato farlo ora mentre spuntano gli scheletri politici di molti candidati, con le liste già depositate. Ormai noti i casi di Nicola Cecchi, avversario di Matteo Renzi nel collegio di Firenze e fino al 2016 suo fiero sostenitore con tanto di tessera Pd. O di Renato Scalia, l’ispettore della Digos già candidato nella lista Nardella a sostegno dell’attuale sindaco di Firenze.
Paolo Turati, invece, ha fatto il possibile per cancellare le tracce dell’antico amore per il centrodestra. L’economista, candidato al collegio di Torino 1 è stato nell’ordine: membro della Fondazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello, fondatore dell’associazione Magellano assieme all’ex assessore regionale di Forza Italia Angelo Burzi, sostenitore della tesi di una persecuzione giudiziaria ai danni di Silvio Berlusconi. Turati è stato tutto questo fino al 2015. Prima, dice lui, del colpo di fulmine per Chiara Appendino. «Perché allora cancellare le tracce sul web?» si chiede il suo avversario di collegio, Marco Grimaldi, di Leu. Paolo Lattanzio non ha avuto la stessa urgenza, in effetti: candidato nel collegio di Bari, ha lasciato su Facebook il post in cui nel 2014 si vantava di far parte del comitato del sindaco Pd Antonio Decaro.
Da destra a sinistra, gli imbarcati del M5S si moltiplicano. Come è naturale che sia dopo aver garantito l’ingresso agli esterni. Un rischio calcolato, secondo il capo politico Luigi Di Maio, convinto che non si possa ambire a governare con un esercito di sconosciuti. È lui il regista dell’«operazione Mario Monti» come la chiamano i grillini più critici per aver reclutato professori, ricercatori, imprenditori, personalità che il leader ha definito «i super-competenti», selezionati secondo criteri che ricordano il casting della sepolta Scelta Civica. Molti di loro, se l’esito delle urne confermerà i sondaggi, non entreranno. Ma saranno serviti da sponsor per il restyling firmato Di Maio.
Il reclutamento affidato a uomini fidati nelle regioni, però, non ha funzionato perfettamente se compaiono candidati risorti da altri partiti. La norma, rivista, del regolamento ha fissato nel 2009 l’anno domini: è l’anno di nascita del M5S. I candidati non devono aver mai partecipato a elezioni, svolto un mandato o ricoperto ruoli di giunta o di governo dopo quella data con forze diverse dal M5S. E allora che ci fa in lista Silvia Vono, assessore nella giunta di Soverato, in Calabria, di un sindaco di centrosinistra? O Vittoria Casa, ex coordinatrice Pd e assessore a Bagheria nel 2011? O Gianni Marilotti, nel 2014 candidato in Sardegna con gli indipendentisti? Si salvano Francesco Mollame, in lista nel collegio di Marsala, ex candidato, ma nel 2008, a sindaco per Mpa, e Gaspare Marinello, in corsa con il Pdl alle amministrative di Sciacca nel 2009. Berlusconiani, autonomisti, borbonici, socialisti: in Sicilia l’aura del possibile vincitore è una luce che converte tanti.
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