Annullati gli impegni televisivi. Giallo sul malore di Berlusconi

ugo magri
roma
 

Nel magico mondo berlusconiano non si sa mai dove la realtà svanisce e incominci invece la recita; per cui le voci di un malessere così serio da imporre lo stop alla campagna dell’ex premier, e addirittura un suo probabile ricovero, si sono alternate a tutt’altre indiscrezioni, che tiravano in ballo la convenienza di non tornare per l’ennesima volta in tivù da Vespa, dove se fosse andato Silvio avrebbe dovuto parlare necessariamente di liste, di nomi chiacchierati, di liti da comari, delle 15 candidature che in Lombardia rischiano l’esclusione per i soliti pasticci, e insomma si sarebbe trovato in difficoltà. Facendo la tara delle tante versioni, e anche di quello che Berlusconi stesso ha dichiarato a sera («Mi dispiace deludere i nostri competitori ma io sto benissimo»), come al solito la verità si scorge nel mezzo.

 L’ex premier si è realmente sentito poco bene. Venerdì scorso la pressione gli era salita a 200, nei giorni successivi l’affaticamento era rimasto cosicché si è reso necessario martedì un check all’ospedale San Raffaele. Ottantuno anni compiuti a settembre, più una valvola cardiaca sostituita nel 2016, giustificano pienamente il timore di Marina Berlusconi che il babbo si stanchi troppo.

Per quanto la propaganda suggerisca che adesso tutto è ok, e il medico personale Alberto Zangrillo abbia descritto il paziente tipo Mao Zedong quando traversava a nuoto il Fiume Azzurro («Stamattina, almeno due ore di intenso training fisico in piscina e in palestra…») età e salute non possono restare circoscritte alla sfera privata, diventano fatti di tutti, cioè politici, e sollevano dubbi sul ruolo del Cav in prospettiva. Il tema si ripropone a un mese dal voto, ma la vita purtroppo è fatta così.

 

Pur di sminuire questa fragilità, Berlusconi ha segnalato senza volere un ulteriore punto debole. «Dopo 5 giorni con 17 ore ciascuno pieni di tensioni, dubbi, ripensamenti su chi escludere dalle liste, me ne sono presi due di sosta perché è stato davvero stressante e doloroso», ha spiegato collegandosi via telefono alla trasmissione tivù Matrix mentre andava in onda Salvini. Anche in passato per Berlusconi decidere era un tormento perché lui ama essere amato, gli piace piacere e dunque non c’è nulla di più frustrante che dire di no. Certamente ha somatizzato. Nello stesso tempo, la pressione alta è stata un’ottima giustificazione per scomparire che gli ha pure fornito un alibi con gli esclusi («Ah, se mi fossi sentito bene non ti avrebbero fatto fuori ma purtroppo…»). L’altra faccia della medaglia è che mai come stavolta Berlusconi ha delegato le decisioni al «politburo», dove preminente è ormai il peso di Antonio Tajani, in sintonia con l’avvocato Niccolò Ghedini e i due capigruppo (Renato Brunetta, Paolo Romani). La scelta dei candidati, nel suo insieme, rispecchia i nuovi rapporti di forza nel partito più che i voler dell’anziano leader.

 

E c’è dell’altro. Fonti berlusconiane garantiscono che la «buca» data a Vespa (e prima a Lucia Annunziata) non sono solo dovute a stanchezza, ma risponde alla necessità di rallentare le comparsate tivù. La campagna è partita troppo in anticipo, Silvio ha bruciato carte che in altre occasioni avrebbe calato con freddezza proprio alla fine. Se non frena, ormai rischia l’«effetto noia», lo sbadiglio dell’Italia che cambia canale.

LA STAMPA

 

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