“Non faccio promesse”. Poi Renzi promette treni gratuiti e lavoro
Le promesse elettorali ci sono, naturalmente: si riaffacciano gli 80 euro, stavolta per le fin qui vilipese partite Iva; c’è la corposa detrazione Irpef di 240 euro per i figli a carico, per uno stanziamento di 10 miliardi annui; c’è la «riduzione strutturale» di quattro punti del costo del lavoro e il salario minimo universale.
E spunta anche la «patente fiscale a punti», con una serie di «vantaggi, tributari e non» per chi paga correttamente le tasse: un sistema che punta sugli incentivi, anziché sulle sanzioni, per arginare evasione ed elusione fiscale; e pure i treni gratis per chi ha perso il posto di lavoro.
Ma il tentativo del Pd di Matteo Renzi – dopo un inizio di campagna in cui non ha trascurato i tentativi di colpi ad effetto, vedi abolizione del canone Rai – è quello di riposizionarsi ben lontano, ed in contrapposizione, rispetto a quel circo di mirabolanti «soluzioni miracolistiche» da «paese dei balocchi» su cui gli altri schieramenti stanno costruendo la propria campagna elettorale, e di puntare tutto sulla «credibilità» di chi, avendo governato per cinque anni, può esibire «risultati concreti».
E lo si capisce anche dalla scelta degli oratori cui il leader del Pd, ieri pomeriggio all’Opificio Golinelli di Bologna, ha affidato il compito di presentare il programma del partito: nessuna passerella di vip, niente volti noti della politica da Transatlantico: si punta tutto su «competenza e credibilità». Sul podio bolognese si susseguono un docente di statura internazionale come Tommaso Nannicini, capo della task force programmatica dem; un’avvocata di gran nome come la giovane Lisa Noja, tetraplegica dalla nascita e impegnata sul fronte della non-autosufficienza; l’economista Yoram Gutgeld e il «tecnico» dell’europeismo Sandro Gozi, sottosegretario ai rapporti con la Ue. E poi, per coprire il fronte sinistro, la combattiva sindacalista Carla Cantone, già leader dei pensionati Cgil (e spina nel fianco riformista dell’inconcludente massimalismo camussiano), ora candidata Pd in Emilia. Sono loro ad illustrare quei «Cento punti» in cui viene sintetizzato il programma Dem con un «metodo nuovo», annuncia Renzi: «Gli altri vi offrono proposte assurde, dalla flat tax che abbassa le imposte ai miliardari fino al reddito di cittadinanza che i grillini pensano di finanziare con 100 miliardi di soldi del Monopoli, e che sarebbe solo un grande incentivo ai licenziamenti e agli auto-licenziamenti». Lui, invece, promette «cento piccoli concreti passi avanti, che partono dalle cento cose che abbiamo già fatto al governo». E che, spiega Nannicini, comportano «impegni di spesa chiari, ed inferiori alle risorse che già abbiamo mobilitato nelle nostre ultime quattro leggi di Bilancio: facciamo solo proposte misurabili su quello che già abbiamo dimostrato di saper fare in questi anni: buona politica significa non prendere in giro gli elettori». Perché, aggiunge Renzi, «alla fine del percorso, chi ha governato deve chiedere di essere valutato per quel che ha realizzato».
Gli altri, i politici e i candidati, restano relegati in platea: da Piero Fassino a Lorenzo Guerini, da Matteo Richetti a Dario Franceschini a Ernesto Carbone. Il segretario fa da mattatore e si occupa anche della polemica con gli avversari politici: contro la «corrispondenza di amorosi sensi» no-vax tra Virginia Raggi e Matteo Salvini, e contro chi – come la Leu di Grasso o i grillini – «dà la colpa al Jobs Act anche per le scelte di Amazon» sul braccialetto, che con le leggi italiane sul lavoro non hanno «nulla a che fare».
IL GIORNALE