Sanremo 2018, la prima serata: Fiorello diventa mattatore, tra i primi Stato Sociale e Ermal Meta- Fabrizio Moro
Partenza col botto
Manco ai tempi di Pippo Baudo dunque: la sessantottesima edizione del Festival non fa in tempo a cominciare e subito un intruso cerca di rubare la scena ai protagonisti della serata. A Fiorello nella fattispecie che ha tagliato subito la testa al toro sulla questione degli orari, anticipando la sua incursione al fischio d’inizio. E si è dovuto occupare immediatamente di fermare l’uomo che voleva, a quanto pare, discorrere con il procuratore di Sanremo. Risolto rapidamente l’inconveniente con l’aiuto della produzione, lo showman comincia con il suo monologo. Ed è una partenza davvero col botto, come si suol dire. Il siciliano scalda dunque il terreno per Baglioni che arriva inamidato, col papillon, come fossimo negli anni’80 e annuncia il suo programma d’intenti, da tempo dichiarato peraltro: «Quest’anno sarà la festa della musica». A vivacizzare la situazione ci pensa una splendida Michelle Hunziker, fasciata di nero. Che lancia la prima artista in gara: Annalisa.
Ron, lo stesso brano da tempo immemorabile
La cantante è ormai un’habituée di questi dintorni, ormai al quarto round. Dotata di ottima estensione vocale, il suo limite sono state spesso le canzoni, non all’altezza. Questa «Il mondo prima di te» pare avere un respiro maggiore del passato, vedremo se crescerà nel prosieguo delle serate. Segue Ron che pur avendo un inedito di Lucio Dalla, «Almeno Pensami», sembra suonare lo stesso brano da tempo immemorabile. Quindi i The Kolors, già sensazione di Amici (quest’anno meno rappresentati in Rivierai Talent): la loro Frida è un poco confusionaria. Tra un brano e l’altro, spicca Michelle. Che ha tempo di salutare il marito, rendendo di nuovo più frizzante una conduzione altrimenti un po’ statica. Quindi Max Gazzé che cerca di toccare le consuete corde del surreale con questa storia marittimo-meridionale «La Leggenda di Cristalda e Pizzomunno»: la canzone non rimane però in testa
«E tu…» (fosse stata in gara)
Rientra Fiorello che in pratica zittisce Baglioni: la gag del «chi vota chi» senza che le telecamere inquadrino il pubblico (per ovvie ragioni di par condicio) è divertente, mentre Laura Pausini si collega via telefono (ha una brutta raucedine, non ha potuto esserci al debutto come previsto) e annuncia che sabato, invece, ci sarà. E i due poi si prodigano in un vecchio classico del Claudio Nazionale «E Tu», canzone che se fosse in gara vincerebbe per larghissimo distacco. Quindi una signora della nostra musica leggera, Ornella Vanoni, accompagnata da due valletti d’eccezione, Bungaro e Pacifico: arrangiamenti moderni per la rossa, bravi gli scudieri, ma non all’altezza di sonorità antiche. Torna Michelle che scherza con Favino su presunte inimicizie che avrebbero covato nei giorni di preparazione. E tocca a due tra i favoriti di questo Festival, Ermal Meta e Fabrizio Moro: al di là del testo grondante un po’ di retorica di «Non mi avete fatto niente» , forse il consueto registro urlato del secondo mortifica un po’ i vocalizzi del primo. Quindi Mario Biondi, all’esordio qui in Riviera: il suo problema è quello di sempre, ci si ferma alle sue reminiscenze Barry White, si ascoltano poco le parole di «Rivederti».
La nonna che balla
Si prende la scena Pierfrancesco Favino, fin qui un po’ schiacciato dal super Fiorello. E cerca di fargli il verso, con un juke-box di brani storpiati, ma l’effetto non è propriamente lo stesso, lo spettacolo non ingrana e il pubblico sembra capirlo, mettendosi a cantare. Quindi la coppia inossidabile Fogli-Facchinetti che han già detto diversi addii alle scene, ma sembra non riescano a lasciarlo questo palco: «Il segreto del tempo» pare in realtà un brano attempato. Tutt’altro clima con gli Stato Sociale, la classica band destinata alla quota “underground” nel rooster del Festival: all’inizio non partono in quarta con questo brano sul non-lavoro «Una vita in vacanza», poi però tra il ritornello assai canticchiabile e la supertrovata della «nonna che balla» (una signora anziana, Paddy Jones, trionfatrice in un talent show spagnolo che volteggia con incredibile disinvoltura) conquistano la scena madre di un film fin qui senza troppi sussulti. Quindi tocca anche a Michelle cantare. E non sfigura con la sempiterna ( e difficile) «E se domani».
I Decibel dal 1981
La gara continua (più velocemente degli anni scorsi, bisogna dire): se Noemi è un’altra, per quanto brava, che sembra però intonare la stessa canzone da sempre, Ruggeri con i Decibel cerca di riportare in voga atmosfere molto ottantesche , similmente prog, similmente new wave, con qualche anglicismo e infatti per questo ha rispolverato i vecchi sodali. Ma non siamo nel 1981 e nel 2018 questa Lettera al Duca (dedicata al grande David Bowie) suona un po’ fuori contesto. Gli Elii del lungo addio non sembrano cogliere il segno con questo «Arrivedorci», un giochino autoreferenziale sulla loro dipartita, ben lontano dalle signore provocazioni che ci avevano regalato su questi palchi, l’Italie dei cachi e le canzoni di una sola nota. Segue Caccamo che vinse Sanremo Giovani qualche anno fa, questo «Eterno» in realtà sembra lasciare poca traccia. Quindi Red Canzian: la sua «Imparare ad amarsi» è un po’ più movimentata di quella degli altri suoi due ex compagni. Ma l’impressione è che non avrebbero fatto male a riunirsi (di nuovo) tutti e tre. Infine lo stornello romanesco di Barbarossa: simpatico, un po’ demodé. Quindi uno dei vecchi signori del Festival, Gianni Morandi, duetta col nuovo padrone, Claudio Baglioni. E poi con l’autore molto di moda di quest’ultima stagione, Tommaso Paradiso dei TheGiornalisti (che si prodiga poi in un’automarchetta un po’ fuori luogo).
Verso la conclusione
Riprende la gara: la coppia Diodato- Roy Paci presenta «Adesso» dove si nota di più la tromba del siciliano, sempre autoriale. Quindi Nina Zilli, ormai anch’ella frequentatrice assidua di queste latitudini, ma non sempre entusiasmante: questa volta «Senza appartenere» sembra più azzeccata nella costruzione. In generale, ancora non si vede il brano che spicca, quello che si issa su tutti gli altri per l’alloro finale. Supersiparietto poi per presentare l’ultimo film di Muccino con omaggio a Cocciante e si va verso il rush finale. Renzo Rubino si perde un po’ tra misteriosi cardi viola e insolenze varie. Quindi la coppia partenopea Enzo Avitabile – Peppe Servillo: tra tutte le cose sentite finora, se non la più orecchiabile, sicuramente la più autoriale con «Il coraggio di ogni giorno». Chiudono le Vibrazioni, di ritorno dopo cinque anni, con un brano esattamente identico a dove si erano lasciati: forse non i più innovativi, ma al pubblico più giovane potrebbero piacere. Arriva la classifica provvisoria, quest’anno divisa in tre fasce: nella parte alta la rivelazione della serata lo Stato Sociale e i due favoriti del Festival, Meta- Moro. Poi Ron, Annalisa, Gazzé, Noemi, Nina Zilli. Da questi, potrebbe uscire il vincitore finale.
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