Di Battista: “M5S al governo? Non lo so. Vedo gli italiani rincoglioniti”
I Cinque Stelle andranno al governo? «Io non lo so, perché gli italiani li vedo molto rincoglioniti». Alessandro Di Battista è all’Embraco, davanti ai cancelli della fabbrica di Riva di Chieri pronta a lasciare casa cinquecento operai. Una visita privata, «essere qui è un dovere», dice, praticamente un blitz tra una tappa e l’altra del tour in Piemonte.
Il deputato, che ha deciso di non ricandidarsi, arriva in camper, giubbetto e jeans blu, e ascolta le domande e le speranze di chi, ormai, non ha altro da fare: affidarsi alla politica. Di Battista lo sa, ma non fa promesse: «È da 5 anni che lottiamo per l’obbligo di restituire i quattrini in caso di delocalizzazione». E poi, per il Movimento, la strada che porta a Palazzo Chigi è complicata. Perché «gli italiani li vedo rincoglioniti. È un popolo strano». Risate, un urlo, poi una donna dice: «Una massa di pecore». E, per chi ascolta, quasi una sensazione di déjà vu, con quella frase di Berlusconi che, ormai un decennio fa, fece così discutere: «Ho troppa stima per l’intelligenza degli italiani per credere che ci possano essere in giro tanti coglioni che votano per il proprio disinteresse».
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Di Battista ne è consapevole, perché i «suoi» stanno filmando: «Non so se siamo in diretta, faranno polemica…». Ma per le decine di operai in pile e tuta blu, il caso non esiste. Esiste Dibba, il primo ad arrivare fin qui per portare solidarietà. Certo, c’erano stati gli incontri con il presidente del Consiglio Gentiloni, i colloqui continui con il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. Ma l’uomo dei Cinque Stelle, dice chi ha strappato un permesso di qualche minuto ai capi-azienda della controllata Whirpool, è l’unico politico nazionale ad aver imboccato il rettilineo lungo che porta alla fabbrica.
E allora sono selfie, abbracci, sfoghi. «Dieci anni fa eravamo in duemila, adesso cinquecento. Ci hanno fatto fare tutti i corsi immaginabili, adesso che non serviamo più ci mandano via con un calcio nel sedere». Mentre qui si trema, i colleghi slovacchi, dove il gruppo vuol portare le attività torinesi, continuano a crescere. «Stanno guadagnando 200 euro in più». Chi vota 5 Stelle sa che, comunque, i tempi per trovare un accordo con il colosso sono strettissimi. «Questo dipende dagli italiani» taglia corto Di Battista, che ha nel mirino l’esecutivo, certo, ma anche certi sindacati: «I grandi hanno le stesse responsabilità della politica. Per me anche lì c’è il conflitto di interessi». E comunque sarà dura, durissima.
E Gianni Mancuso, che si augura che i i 5 Stelle vadano al governo, Dibba risponde così: «Non vengo qua a chiedere voti, manco mi candido. Sono cinque anni che combatto. In un Paese normale serve un reddito di cittadinanza». Poi, la stoccata alla Fiat: «Un’altra che si è presa centinaia di miliardi di quattrini e produce in Sudamerica, e questo non ci sta bene». Dal deputato, nessuna falsa promessa: «Spero ce la faremo. Qualcuno diceva: “Andremo al governo”, ma io questo non lo so, perché gli italiani li vedo molto rincoglioniti. È così».
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