Nuova ondata di vendite sulle Borse. A Milano (-2,2%) sale Unicredit
Chiusura in calo per le Borse europee (segui qui i principali indici), nuovamente colpite dalle vendite dopo il rimbalzo della vigilia. Anche Wall Street (segui qui gli indici Usa) ha continuato a perdere terreno, mentre gli investitori temono che la Federal Reserve possa rivedere la propria politica monetaria in modo più deciso. Sul finale Milano ha accusato una flessione del 2,26%.
Gli investitori si interrogano sulle mosse delle banche centrali
Le Borse europee sono tornate a subire la pressione delle vendite dopo il recupero della vigilia, nonostante la Banca centrale europea nel suo Bollettino mensile abbia tracciato un quadro roseo per il Vecchio Continente. «Ci si attende che la solida e ampia espansione economica prosegua anche oltre il breve periodo», ha indicato l’Eurotower. Per altro anche dagli States sono arrivate notizie confortanti: «Con l’arrivo alla guida della Federal Reserve del governatore Jerome Powell, la politica monetaria americana non subirà un cambiamento notevole», ha infatti detto Patrick Harker, presidente della Federal Reserve di Filadelfia. Harker, che tuttavia non fa parte del braccio di politica monetaria della banca centrale Usa, ha aggiunto che non c’à urgenza di accelerare la riduzione (iniziata a ottobre) del bilancio della Fed, gonfiato negli anni della crisi da tre round di programmi di acquisto di Treasury e bond ipotecari. D’altra parte gli investitori continuano a temere che un rialzo oltre le attese dell’inflazione americana possa indurre la Fed a rivedere in modo più deciso i tassi, magari con quattro ritocchi nel corso del 2018. A quel punto probabilmente la stessa Bce sarà costretta a rimodulare la propria politica monetaria.
Male Buzzi e Rcordati nel giorno dei conti del 2017
A Piazza Affari sono andate giù le azioni di Recordati (-8%), sul contraccolpo dei conti del 2017 e soprattutto delle previsioni per fine anno, considerate deludenti. L’azienda ha comunicato che i ricavi del 2017 sono saliti dell’11,6% a 1,28 miliardi di euro e anche l’utile netto è migliorato del 21,6% a 288,8 milioni. Gli investitori sono tuttavia rimasti delusi per le indicazioni per fine anno leggermente sotto il consensus: i vertici dell’azienda prevedono ricavi per 1,35-1,37 miliardi e un utile netto nella forbice compresa tra 310 e 315 milioni. Sono inoltre state vendute con convinzione le Buzzi Unicem(-6,1%), dopo la diffusione dei conti del 2017. Del resto i ricavi sono aumentati del 5,1% a 2,8 miliardi in aumento del 5,1% (+3,7% a cambi e perimetro costanti), ma la società ha dichiarato di prevedere un mol ricorrente di quasi 580 milioni, «in miglioramento rispetto al 2016 ma al livello inferiore dell’intervallo comunicato al mercato insieme ai conti del terzo trimestre, principalmente a causa della rapida svalutazione del dollaro nell’ultimo trimestre». L’utile netto di fine anno, comunque, beneficerà degli effetti della riforma fiscale di Trump, che prevede un calo dal 35% al 21% dell’aliquota sul reddito delle società. Il gruppo del cemento ha calcolato di realizzare un provento non ricorrente e senza manifestazione monetaria di circa 165 milioni di euro sull’utile netto consolidato 2017.
Batte in ritirata la galassia Agnelli
Sono inoltre andate male le Stmicroelectronics (-5,7%), risentendo della debolezza del comparto tecnologico europeo. Fiat Chrysler Automobiles ha lasciato sul parterre il 4,8% dopo la volata della vigilia. Le quotazioni della casa auto hanno travolto anche quelle di Exor, precipitate del 4%. Della galassia Agnelli, inoltre, Cnh Industrial ha accusato una flessione del 4,6% e Ferraridel 3%.
In controtendenza Unicredit e Banco Bpm
A Milano si sono messe in evidenza le Unicredit (+2,1%), nel giorno della diffusione dei conti del 2017, risultati superiori alle attese. L’istituto guidato da Jean Pierre Mustier l’anno scorso ha incassato un utile netto di 5,5 miliardi, a
fronte della perdita da 11,8 miliardi contabilizzata nel 2016 e contro i 5,2 miliardi previsti dal consensus degli analisti. Il risultato normalizzato, che esclude gli effetti delle cessioni di Pekao e Pioneer, nonché alcuni costi non ricorrenti, è stato di 3,7 miliardi. Il cda della banca proporrà all’assemblea il pagamento di un dividendo cash da 0,32 euro per azione, pari a 700 milioni, corrispondente a un payout del 20% sui profitti normalizzati. Sono inoltre salite le Banco Bpm (+0,3%), sull’onda dei conti del 2017 diffusi ieri a mercati chiusi. Conti archiviati con un utile netto di 557,8 milioni di euro (comprensivo del risultato realizzato per la cessione di Aletti Gestielle Sgr), in miglioramento dalla perdita di di 1,3mld in 2016. I vertici della banca hanno inoltre rivisto al rialzo le previsioni sulla vendita di crediti in sofferenza da 8 miliardi fino a 13 miliardi di euro al 2020.
Tenta di arginare le perdite il risparmio gestito
Azimutha ridotto le perdite all’1,15%, nel giorno in cui ha annunciato che la raccolta netta di gennaio è stata positiva per 449 milioni di euro, in calo dal 507 milioni del gennaio 2017 e anche rispetto ai 926 milioni dello scorso dicembre. Nel settore del risparmio gestito hanno arginato i danni anche le Banca Generali (-1,5%), le Banca Mediolanum(-1,3%) e le Anima Holding (-1,45%), quest’ultime dopo avere annunciato che a gennaio la raccolta netta è stata di 335 milioni, in linea con le attese. Finecobank è salita sul finale dello 0,3%.
Euro si indebolisce sotto la soglia di 1,23 dollari, giù anche il greggio
Sul mercato valutario, l’accordo bipartisan al Senato americano ha favorito il dollaro Usa, che si è apprezzato verso quasi tutte le valute, toccando i massimi da due settimane. L’euro/dollaro scambia a 1,2241 (da 1,2258 di ieri). La moneta unica ha perso quota anche rispetto allo yen: vale 133,35 (da 134,5). Il dollaro/yen, infine, si attesta a 108,94 (da 109,48).
Prosegue sulla via del ribasso il greggio, dopo che ieri è emerso che la produzione statunitense ha aggiornato un nuovo massimo storico. Il Wti, contratto con consegna a marzo, accusa una flessione dell’1,85% attestandosi a 60,8 dollari al barile.
Usa: -9.000 a 221mila richieste iniziali sussidi lavoro, meglio di stime
Negli States oggi è emerso che le richieste di sussidio alla disoccupazione sono andate meglio delle attese. Nei sette giorni conclusi il 3 febbraio scorso il numero di lavoratori che per la prima volta hanno fatto richiesta per ricevere sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti è sceso più delle stime. Secondo quanto riportato dal dipartimento del Lavoro, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono calate di 9.000 unità a 221.000, dopo le 230.000 della settimana precedente (dato invariato). Gli analisti attendevano un rialzo a 231.000. Si tratta di minimi di circa 40 anni fa. Il valore si attesta in media sotto quota 300.000 da circa tre anni, la serie migliore dal 1970. La media delle quattro settimane, piu’ attendibile in quanto non soggetta alle fluttuazioni del mercato, e’ scesa di 10.000 unita’ a 224.500 unita’, minimi di inizio 1973.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)