M5s, il nuovo caso rimborsi ‘brucia’ i candidati Cecconi e Martelli: “Se eletti rinunciamo al posto”
“I probiviri decideranno sul procedimento disciplinare nei miei confronti e sulla sanzione da comminare. Sono sereno e accetterò ciò che stabiliranno. Ho già deciso di rinunciare alla mia elezione. Il 4 marzo cederò il passo e andranno avanti gli altri candidati”. Lo annuncia, sul suo profilo Facebook, Andrea Cecconi, già capogruppo del Movimento cinque stelle alla Camera, attualmente candidato nel collegio uninominale di Pesaro e nel plurinominale Marche Nord. A spingere Cecconi alla rinuncia è il procedimento disciplinare al quale sarà sottoposto davanti al collegio dei probiviri per irregolarità nelle ‘restituzioni’ della quota dello stipendio da parlamentare. La stessa decisione è stata annunciata poco dopo anche dal senatore Carlo Martelli, sotto ‘processo’ per gli stessi motivi e candidato al Senato in un collegio plurinominale in Piemonte.
Un nuovo caso che riguarda rimborsi dopo quello di Strasburgo che riguarda l’eurodeputata Cristina Belotti. Ad attaccare Cecconi era stata stamattina Alessia Morani, deputata Pd, parlando di “tradimento dei tanto decantati valori del M5s da parte dei suoi più importanti esponenti che raccontano bugie sulla restituzione dello stipendio, falsificano documenti, copiano programmi e, quando vengono beccati, si danno alla macchia”. “Ultimo caso in ordine di tempo – ha detto Morani – è quello dell’on. Cecconi, sparito da giorni dopo che sono state messi in piazza dal blog i suoi mancati versamenti al Movimento. Chi l’ha visto il candidato Cecconi? Da giorni ha oscurato i profili social e non risponde al telefono. Si farà eleggere in Parlamento senza più presentarsi ai cittadini? Di Maio cosa dice dell’onestà smarrita nel M5s?”.
Il silenzio di Cecconi è stato interrotto dalla riattivazione del profilo Facebook del candidato e dal suo post: “Qualche giorno fa – si legge tra l’altro – ho proceduto a effettuare il versamento al Fondo per il Microcredito per mettermi in regola con le restituzioni pubblicate sul sito tirendiconto.it. Il ritardo è stato dovuto a motivi di natura personale, che penso che nessuno possa essere in grado di giudicare, e sui quali non mi dilungo”. E ancora: “Non c’è nessuna legge che ci obbliga a dimezzarci lo stipendio. O meglio – scrive l’esponente grillino – ci sarebbe stata se gente come la Morani, che oggi parla a vanvera, avesse votato la legge che noi abbiamo proposto e che fissava lo stipendio dei parlamentari a 3.000 euro al mese”. Cecconi giudica la sua una “mancanza, seppur piccola” e aggiunge di avere la “coscienza pulitissima”.
“So di aver mancato nei confronti degli iscritti del M5s – dice invece Carlo Martelli – , anche se la mia coscienza è a posto perché ho restituito fino all’ultimo centesimo. I probiviri decideranno sul mio caso in piena autonomia. In ogni caso ho già espresso nei giorni scorsi l’intenzione di rinunciare alla mia elezione”. Sia Cecconi che Martelli annunciano che continueranno a fare campagna elettorale per il Movimento.
Oggi il Viminale ha pubblicato sul proprio sito l’elenco completo delle candidature collegio per collegio. Con Cecconi e Martelli compare anche Emanuele Dessì, candidato M5s (in seconda posizione nel collegio plurinominale numero 3 del Lazio), costretto a firmare un atto di rinuncia all’elezione (un modulo che sarebbe stato già firmato anche da Martelli) in seguito alle polemiche sulla casa popolare comunale nella quale vive pagando un fitto di 7,7 euro mensili. I tre ora rappresentano dei “candidati fantasma” e un caso spinoso per il Movimento perché restano comunque i candidati ufficiali M5s nei loro collegi – in quanto la legge elettorale non prevede che si possa rinunciare a una candidatura modificando le liste già depositate – ma l’elettore cinquestelle sa in partenza che (se agli annunci seguiranno le rinunce) a Camera e Senato il suo voto manderà qualcun altro.
Il candidato premier Luigi Di Maio ha accolto “con orgoglio” gli annunci di Cecconi e Martelli: “Mi hanno comunicato le loro decisioni. Le accolgo con orgoglio – dice Di Maio – .
Solo dei portavoce del MoVimento 5 Stelle potevano fare una scelta del genere a fronte di uno sbaglio che hanno ammesso e subito corretto. Nessuna legge li obbligava a restituire lo stipendio e nessuna legge li obbligava a rinunciare a un seggio sicuro in Parlamento. Eppure lo hanno fatto. Vogliamo dare l’esempio e dimostrare il distacco dalla poltrona che ci contraddistingue”
REP.IT