Pyeongchang 2018, pattinaggio: Italia tra le grandi ma ai piedi del podio. Kostner: “Siamo mini nazione, servono piste” Carolina Kostner
dal nostro inviato MATTIA CHIUSANO
PYEONGCHANG – L’Italia è tra le grandi del pattinaggio artistico, ma non sul podio del team event. Il quarto posto nella gara olimpica a squadre, vinta dal Canada davanti a Oar (Russia) e Stati Uniti regala allo stesso tempo orgoglio e amarezza. “L’obiettivo era arrivare tutti qui, come una mini-nazione del pattinaggio in confronto alle altre quattro di questa finale” commenta Carolina Kostner, stavolta meno brillante del giorno prima e quarta dietro Zagitova (Oar), Nagasu (Usa) e Daleman (Canada). “Dobbiamo essere orgogliosi, ma ci mancano mille piste in più nel nostro Paese, siamo una mini-mini-nazione”.
La speranza di una medaglia era nata dopo gli splendidi secondi posti di Kostner e di Valentina Marchei-Ondrej Hotarek nel libero della gara a coppie, ma ora la pattinatrice è dispiaciuta: “Ci voleva fortuna, la medaglia non era impossibile. Ci abbiamo creduto, la notte prima è stato difficile dormire”. “Noi italiano abbiamo una marcia in più” rivendica Matteo Guarise, che ha pattinato il primo giorno con Nicole Della Monica, “abbiamo più carattere, ma questo non si vede nei punteggi che ci danno”.
I più arrabbiati sono Anna Cappellini e Luca Lanotte, sicuri di aver convinto la giuria con l’interpretazione de La Vita è bella di Nicola Piovani nel libero della danza: “Ma ci hanno dato più o meno il punteggio degli Europei quando abbiamo sbagliato tanto” è incredulo Lanotte, quarto alla fine. “Abbiamo fatto il meglio a livello di performance, abbiamo pure lasciato un pezzo di cuore ma il punteggio non ha rispecchiato quel che si è visto. Siamo orgogliosi e delusi allo stesso tempo” aggiunge Anna Cappellini.
Non avrebbe cambiato la classifica finale né consegnato la medaglia, ma la valutazione dei giudici della danza preoccupa soprattutto in vista della gara del 19 e 20 febbraio. Il team comunque ha già eletto “l’eroe” della gara a squadre, ed è il più piccolo: Matteo Rizzo, 19enne romano trasferito all’Ice Lab di Bergamo che ha affrontato le sue due prove senza timori reverenziali. Un piccolo patrimonio su cui lavorare nei prossimi anni.
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