Pamela Mastropietro: il colpo alla tempia e il quarto uomo, gli ultimi misteri dell’inchiesta
MACERATA — L’orrore è cominciato fra un piccolo salone e due camere matrimoniali. Letti e divani che fanno da contorno a un attico di 70 metri quadrati affittati da un inquilino della palazzina di via Spalato per 400 euro al mese a Innocent Oseghale, il primo nigeriano accusato della morte di Pamela Mastropietro. Ieri i Ris hanno ispezionato per 5 ore quelle stanze alla ricerca di nuove tracce, nel giorno in cui alla ribalta è salito un quarto uomo, anche questo nigeriano, sul quale gli investigatori sono al lavoro: potrebbe aver collaborato con Oseghale e i suoi complici prima nell’ omicidio della 18enne romana e poi nel far sparire il corpo. Di certo, nel primo pomeriggio del 30 gennaio scorso nel salotto – dal quale parte un corridoio che conduce anche a due piccoli bagni e a un balconcino – si sarebbero ritrovati almeno in tre (poi incastrati dalle celle telefoniche), più Pamela, scappata da meno di 24 ore dalla comunità di Corridonia gestita dalla Pars. Ma non è chiaro per quanto tempo la povera ragazza ci sia rimasta in vita. Come non è stato ancora accertato perché sia stata uccisa e poi fatta a pezzi.
Quale sia il movente del delitto che ha sconvolto la provincia marchigiana – che non è quello dell’ aggressione di gruppo a sfondo sessuale – è tuttora un mistero. E ancora poco chiari sono i ruoli dei protagonisti fra quelle quattro mura: ci vorrà tempo per stabilire se abbiano partecipato tutti insieme all’ omicidio oppure se uno o due di loro siano stati chiamati successivamente per aiutare a sbarazzarsi di Pamela. L’ analisi dei tabulati telefonici e la ricostruzione degli spostamenti all’ interno dell’ appartamento, seguendo orme e impronte, forniranno fra qualche giorno un quadro più attendibile.
Il quarto nigeriano sarebbe risultato in quelle ore in contatto sia con Oseghale – visto attendere Pamela all’ esterno della farmacia di via Spalato dove aveva acquistato una siringa – sia con gli altri due fermati di venerdì scorso, Desmond Lucky (il presunto fornitore dell’ eroina) e Lucky Awelima. Il nuovo sospettato – inquirenti e investigatori dell’ Arma negano che sia indagato – potrebbe essere sottoposto al calco dell’ impronta del piede, così come è stato fatto per gli altri tre nigeriani, chiamati a ripetere quell’ esame alle 17 nel carcere di Montacuto, vicino ad Ancona. Sempre lì alle 14 il gip Giovanni Maria Manzoni presiederà l’ udienza di convalida di Lucky e Awelima, accusati di omicidio volontario in concorso (per Oseghale, in virtù dei risultati della prima autopsia da cui non erano emerse le ferite da taglio all’ altezza del fegato, ma solo una contusione non letale alla tempia, il giudice non aveva confermato l’ ipotesi dell’ omicidio contestata dai pm). Per chi indaga è solo questione di tempo.
Proprio Awelima, secondo il suo avvocato Giuseppe Lupi, avrebbe riferito sotto interrogatorio di non essere mai stato a casa di Innocent, né il giorno del delitto, né prima, ma di conoscere il connazionale da tempo. Ieri il Ris, alla presenza degli avvocati difensori dei tre nigeriani, ha esaminato stanze, corridoio e balconi, concentrandosi sulla presenza di impronte lasciate a terra dai nigeriani ma anche alla ricerca di tracce che possano appartenere ad altre persone. E oggi toccherà invece al monovolume del tassista camerunense che la sera del 30 gennaio ha accompagnato Oseghale ad abbandonare i due trolley con i resti di Pamela a Casette Verdini di Pollenza. L’ autista non è indagato, il giorno successivo si sarebbe recato dalla polizia per riferire quello che sapeva. Circostanza anche questa smentita però dai carabinieri.
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