Disonestà, disonestà

Se so magnati li sordi, direbbero a Roma. Si allarga infatti a macchia d’olio lo scandalo dei deputati e senatori grillini che hanno fatto solo finta di rinunciare a parte dei loro lauti compensi a favore di un fondo di solidarietà.

Una truffa – ci sono carte false – che fa crollare il punto più forte della loro promessa elettorale di cinque anni fa. Che era: noi siamo diversi, noi gli stipendi della casta li restituiamo. La cosa non mi stupisce. Semmai questo tradimento degli elettori va ad aggiungersi ai tanti altri avvenuti lungo l’arco di questi anni, come quello che un avviso di garanzia avrebbe fatto scattare automaticamente l’espulsione dalla vita politica e amministrativa. Adesso nei Cinquestelle tutti fingono di cadere dalle nuvole, quando è chiaro che se non tutti almeno in tanti sapevano dell’allegra gestione finanziaria, tanto che probabilmente la spiata è partita proprio dall’interno del movimento, da colleghi non rimessi in lista o comunque scontenti.

Di Maio fa la parte del più offeso di tutti, quando anche lui in realtà era corso a sanare gli arretrati alle prime avvisaglie del casino, giusto in tempo per evitare di finire diritto nella lista nera. Ora annuncia che i mariuoli, se eletti, dovranno dimettersi, ben sapendo che la sua è una richiesta irricevibile dagli interessati. Una volta che un cittadino diventa deputato o senatore non deve rispondere più a nessuno, e anche eventuali dimissioni volontarie devono essere approvate dal Parlamento, non certo dal partito, prassi questa molto lunga: in passato c’è chi ha aspettato anni, percependo nell’attesa lo stipendio pieno.

Nati contro tangentopoli scivolano su rimborsopoli. La parabola moralista grillina piega verso il basso e scatena una guerra dentro il movimento dagli esiti incerti. Il giuramento «onestà, onestà», scandito a gran voce ai funerali di Casaleggio, si è infranto contro i lauti assegni e le prebende erogate dallo Stato a chi entra nella casta della politica, anche da oppositore del sistema. Così hanno capito che quello dei professionisti dell’anticasta è un mestiere redditizio e molto semplice: basta fingere di aver fatto un bonifico e il gioco è fatto.

La maschera è caduta e il vetro della trasparenza è andato in frantumi. I grillini non solo sono come gli altri, sono peggio. Perché hanno l’arroganza di credersi i migliori.

IL GIORNALE

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