Dj Fabo, atti alla Consulta perché valuti la legittimità del reato di aiuto al suicidio
La Corte d’Assise di Milano ha deciso di trasmettere gli atti alla Consulta perché valuti la legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio nel processo a Marco Cappato, imputato per la morte di Dj Fabo, 40 anni. Fabiano Antoniani morì in una clinica svizzera, con il suicidio assistito, il 27 febbraio 2017, dopo che vi era stato accompagnato dall’esponente dei Radicali. I pm per lui avevano chiesto l’assoluzione.
Il processo a Cappato davanti alla Corte presieduta da Ilio Mannucci Pacini era iniziato lo scorso 8 novembre. E’ scaturito prima dall’autodenuncia dello stesso Cappato ai carabinieri di Milano il 28 febbraio 2017, il giorno dopo la morte nella clinica Dignitas di Antoniani, e poi dalla decisione del gip Luigi Gargiulo, che respinse la richiesta di archiviazione della Procura e ordinò l’imputazione coatta per l’esponente radicale spiegando che l’imputato non solo aiutò Dj Fabo a suicidarsi, ma lo avrebbe anche spinto a ricorrere al suicidio assistito, “rafforzando” il suo proposito.
Corte d’Assise: “Cappato non ha spinto Dj Fabo al suicidio” – All’individuo va “riconosciuta la libertà” di decidere “come e quando morire” in forza di principi costituzionali. E’ un passaggio dell’ordinanza letta per oltre un’ora dalla Corte d’Assise di Milano che ha deciso di trasmettere gli atti alla Consulta per il caso di Dj Fabo. Per i giudici “la condotta di Marco Cappato non ha inciso sulla decisione di Antoniani di mettere fine alla sua vita e quindi va assolto dall’accusa di aver rafforzato il suo proposito suicidiario”.
Cappato: “Aiuto al suicidio era mio dovere” – “Aiutare Fabo a morire era un mio dovere, la Corte costituzionale stabilirà se questo era anche un suo diritto oltre che un mio diritto”. Così Marco Cappato ha commentato l’ordinanza con cui la Corte d’Assise di Milano ha rinviato alla Consulta gli atti del processo in cui era imputato per il caso di dj Fabo. L’esponente dei Radicali si è detto “grato” ai giudici per avere “riconosciuto che non c’è stata alcuna alterazione della volontà di Fabiano Antoniani”. “Continuerò a rivendicare questo aiuto in ogni sede”, ha aggiunto.
Le testimonianze toccanti durante il dibattimento – Nel corso del dibattimento ci sono stati molti momenti toccanti, dolorosi e angoscianti come la proiezione in aula dell’intervista che Fabo rilasciò a “Le Iene” un paio di settimane prima di andare, accompagnato in auto da Cappato, nella struttura vicino a Zurigo. “Andrò via col sorriso perchè vivo nel dolore”, diceva Antoniani, cieco e tetraplegico dopo un incidente stradale nel 2014. Davanti a quelle immagini anche il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, come tanti in aula, si era commossa.
“Sono assolutamente convinto della mia scelta – diceva ancora Fabo – la mia vita è insopportabile, è una sofferenza immane”. Poi la testimonianza della madre, Carmen Corallo, che prima che Fabo schiacciasse con la bocca il pulsante ebbe la forza di dirgli: “Vai Fabiano, la mamma vuole che tu vada”. La fidanzata, Valeria Imbrogno, poi, ha raccontato che per Fabiano ciò che era più insopportabile era la cecità e fece anche lo “sciopero della fame e della parola” coi suoi cari per non essere fermato.
I pm avevano chiesto l’assoluzione per Cappato – I pm Tiziana Nunziata Siciliano e Sara Arduini avevano chiesto l’assoluzione mettendo in luce che Cappato aiutò Fabo “a esercitare un suo diritto, non il diritto al suicidio ma il diritto alla dignità” nel morire. In subordine, avevano chiesto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la valutazione della legittimità del reato di aiuto al suicidio, previsto dall’articolo 580 del codice penale. Sulla stessa linea erano anche le richieste dei difensori di Cappato.
TGCOM