Emma Bonino: “Gentiloni rassicurante, resti premier. Larghe intese senza Lega e M5S”
Davide Lessi
torino
Arriva in redazione sola. Senza staff o portaborse. Con una mano trascina un trolley rosso. Nell’altra stringe un libro, Memorie di una militante azionista: il romanzo politico di Gianna Radiconcini, giornalista antifascista e repubblicana che per anni ha raccontato da Bruxelles e Strasburgo il lungo cammino verso l’integrazione europea. «Quella strada è una necessità», scandisce Emma Bonino, la leader radicale che la parola «Europa», con un «+» davanti, l’ha messa nel simbolo con cui corre «coalizzata» (non «alleata», precisa lei) con il Pd.
L’Europa viene ritenuta da molti, tra cui Salvini, come la causa delle crisi italiane, da quella occupazionale dell’Embraco ai migranti.
«Può darsi che il messaggio della Lega o degli euroscettici abbia più presa sull’elettorato, ma di sicuro soffiare sulle paure della gente non può essere la soluzione».
Quale, allora?
«Per l’Embraco la risposta del governo e del ministro Calenda è stata di rottura con i vertici aziendali. La strada è giusta e bisognerà riaprire la trattativa perché non esistono soluzioni miracolose. Tanto sul lavoro quanto sui migranti».
Lei condivide quanto fatto dal governo Pd e dal ministro Minniti sui migranti?
«Non mi piace l’approccio securitario al tema delle migrazioni. Con la campagna: “Ero straniero” abbiamo provato a superare la legge Bossi-Fini che non permette canali legali per l’ingresso in Italia. E poi servirebbe una sanatoria per parte dei 500 mila irregolari che vivono e lavorano qui, alimentando il mercato nero».
E per quanto riguarda la Libia?
«Anche lì si è preferito un approccio legato alla sicurezza, dando priorità alla formazione della Guardia costiera libica per fermare i barconi».
Un approccio sbagliato?
«Guardate, la cosa più bella e vera che ho letto in questi giorni è proprio un reportage de La Stampa, firmato da Domenico Quirico, che racconta come sia inutile provare a mettere delle barriere o dei soldati ai confini del Niger. La mobilità è un fenomeno storico: la povera Africa è in pieno boom demografico e il Mediterraneo è un laghetto che ci unisce, come diceva Pannella già nel 1980».
Quindi cosa deve fare l’Europa?
«L’Europa deve superare il trattato di Dublino (quello che stabilisce che il migrante faccia domanda di asilo nel Paese dove arriva, ndr) e cercare una cooperazione rafforzata sul tema dei migranti, come del resto sta facendo sulla difesa e sull’economia con l’asse franco-tedesco».
«Non voglio partecipare a questi giochi pre-elettorali. A me interessano gli indecisi, quelli che pensano che sia già tutto scritto. Faccio appello a loro per un gesto di responsabilità. E vi chiedo: che fine ha fatto quel 10 per cento di votanti che nel 2013 aveva dato la fiducia a Scelta civica di Monti? Esiste una borghesia liberale in Italia?».
Se dovesse scegliere: Gentiloni o Renzi?
«Penso che dopo tre anni in cui abbiamo rottamato, a parole o nei fatti quasi tutto, l’Italia abbia bisogno di essere rassicurata. E Gentiloni è un premier che potrebbe restare. Ma ripeto: non voglio partecipare a questo gioco».
In un ipotetico governo di larghe intese chi non dovrebbe esserci?
«Non ci vedo bene i populisti, i violenti e il blocco sovranista, da Fratelli d’Italia alla Lega. Ma anche il M5S il cui leader, Di Maio, ha opinioni “geografiche”: cambiano a seconda di dove parla».
Qualcuno dice che la sua personalità sta erodendo voti al Pd. Endorsement sono arrivati pure da ministri ed ex big del partito.
«Non ho l’obiettivo di rubare voti a nessuno. Semmai quello di portare alle urne gli indecisi, tentando di fare una campagna elettorale basata sulla verità».
Un esempio?
«Tutti fanno proposte mirabolanti ma non tengono conto del debito pubblico. E dei riflessi che le promesse hanno sui nostri alleati europei: danno un senso di estrema fragilità politica».
Sui diritti va d’accordo con il Pd?
«C’è una sensibilità diversa di quella che posso trovare, per esempio, nella Meloni. Ma in Italia le battaglie civili, penso al biotestamento, durano anche 30 anni, e i partiti arrivano sempre dopo».
Pensa che l’Italia sia pronta alla prima premier donna?
«Parlate con me? (Ride con un pelo di sarcasmo, ndr). Sarebbe un simbolo. Ma il problema del maschilismo è strutturale, nei partiti come in questo Paese».
LA STAMPA