La violenza antipasto degli esclusi
Da una parte e dall’altra hanno in comune la viltà: aggrediscono in tanti contro i pochi o armati contro i disarmati. Esercitano la viltà della violenza, con irruzioni in tv o assalti ai comizi del nemico, perché gli viene più facile eliminare le idee altrui che discutere le proprie, dozzinali, settarie, totalitarie. È una storia che viene da lontano e accostare l’apparente pochezza dei fatti di oggi con quelli degli Anni Settanta o del Primo dopoguerra non è una sciocchezza: si inizia sempre dalle schermaglie. Su un aspetto aveva ragione Beppe Grillo: il M5S, sebbene infastidito dai principi costituzionali dello stato di diritto, fin qui ha mantenuto la protesta dentro una sostanziale legalità, limitandosi a scorrerie di brutalità verbale, senza passare alle vie di fatto.
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Ma se si va nelle periferie romane, come a Torre Angela, dove meno di due anni fa Virginia Raggi prese il 79,9%, si vedono cumuli d’immondizia, folle di clandestini, decine di scritte inneggianti al Duce. È che invece di affrontare il malcontento, tutti lo hanno blandito e rinfocolato con folli campagne sulla mafiosaggine e criminalità del sistema e con promesse surreali e mai mantenute, e hanno nutrito il mostro. Se fra sconcezze lessicali, sparatorie e pestaggi, la campagna elettorale vi pare un orrore, sappiate che è l’antipasto. Il resto verrà dopo il voto, quando gli esclusi si sentiranno ancora più esclusi.
LA STAMPA