Burian il terribile e i profeti di sventure

PADIGLIONE ITALIA

di Aldo Grasso
Un piccolo frammento domenicale che il Corriere della sera offre a chi ha ancora voglia di notare la contraddittorietà dell’esistere, le luci e le ombre di tutto ciò che ci passa sotto gli occhi, curiosando nelle pieghe di qualche personaggio. Con un po’ d’ironia e disincanto. Da noi, purtroppo, l’assenza di grandi moralisti ha permesso il dilagare dei moralizzatori.

Questo vento agita anche me. Eolo, una divinità per i Greci, ha deciso di gelare l’Italia: minime vicine ai meno dieci, massime che non andranno oltre lo zero. Così la colonnina di Mercurio. Per l’occasione, Eolo si chiama Burian, un vento siberiano che porta con sé non solo bufere di neve ma anche il gelo allegorico dei gulag, il freddo cane dei campi penali. È un vento a suo modo “rieducativo”, ci ricorda che d’inverno non fa caldo. L’etimologia popolare cerca di apparentare l’audace Burian alla buriana, alla bora. Non è così, ma la famiglia eolica è sempre quella. È arrivata la bufera, è arrivato il temporale, chi sta bene e chi sta male, e chi sta come gli par…

Burian, però, ci pone una domanda irreparabile. Quand’è che le previsioni del tempo da semplice divinazione (calli, reuma, incupimenti) sono diventate un genere televisivo enfatico che incute spavento? Colpa del colonello Bernacca, di Mario Giuliacci, di Luca Mercalli? Il meteorologo è un profeta di sventure? Da quando la macaia non è più una scimmia di luce e di follia? Adesso, le nuove Bestie Zodiacali si chiamano global warming o stratwarming; il sereno, il variabile, la nebbia in Val Padana sono puri simulacri, come le ideologie. E Burian il terribile? Diamo retta a De André: «Quei giorni perduti a rincorrere il vento, a chiederci un bacio e a volerne altri cento…».

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