Lippi: «Io antifascista di fronte allo sfacelo del Paese Li del Milan? Ignoto in Cina»
« Sono qui per vincere il Mondiale»: si presentò così nel 2004 dopo il fallimento del Trap all’Euro portoghese. Mai avrebbe immaginato Marcello Lippi che un giorno, al Mondiale non ci saremmo nemmeno andati. E, probabilmente, nemmeno che avrebbe finito per insegnare calcio a migliaia di chilometri da casa, c.t. della Cina, intercettato di passaggio nella sua Viareggio.
Partiamo dalla Cina, da questi Inter e Milan orientali, l’avrebbe mai detto?
«No, all’inizio pensavo fossero interessati a far crescere il movimento calcio, ma mai che avrebbero comprato società all’estero. Sono stato smentito. E Zhang e Suning li conoscono tutti, Yonghong Li non l’avevo mai sentito nominare prima».
Anche un’Italia fuori dal Mondiale era fuori da ogni logica.
«Rosichiamo. Ora è importante ricostruire una federazione che si occupi di calcio. E lo conosca».
Dodici anni dopo, qual è la cartolina del trionfo di Berlino?
«Era fantastica la situazione psicologica della squadra. C’erano una convinzione e un’autostima eccezionali. Poi successe quel che successe con Calciopoli, ma non scalfì nulla».
Calciopoli, già. A cosa è servita?
«Non lo so. Forse non è stato considerato che certe abitudini non appartenevano soltanto a qualcuno, ma a tutto il sistema. E qualcuno forse ha pagato più del dovuto, qualcun altro molto meno…».
C’era Buffon in Germania, ci sarà ancora nelle prossime amichevoli azzurre. Qualcuno sostiene: non è meglio che smetta lui prima che qualcun altro decida al suo posto?
«Lasciamo fare a lui».
Pirlo invece ha lasciato: quel passaggio no look a Grosso contro la Germania è nella memoria di tutti noi…
«Se rivedo quella palla che passa in mezzo a cento giocatori, mentre lui guarda dall’altra parte, con Grosso già pronto col sinistro, penso che doveva proprio finire così».
Con Del Piero vinse anche l’ultima Champions della Juve: pesa più quella o la Coppa del Mondo?
«Abbiamo vinto tutte le coppe che esistono con la Juve, ma niente vale come un Mondiale in maglia azzurra».
Allora c’era Materazzi. Non però durante la sua infelice esperienza all’Inter. Le avrebbe fatto comodo?
«Non la trovo così infelice. Il primo anno, dopo il precedente, disastroso, arrivammo quarti e in finale di Coppa Italia».
E in quell’Inter c’era Baggio. Vi siete mai chiariti?
«Passiamo ad altro».
Passiamo al Milan. Gattuso: come si spiega questo suo exploit in panchina?
«Sa coinvolgere e motivare le persone che gli stanno vicino, qualsiasi cosa faccia».
Gattuso dedicò il Mondiale agli emigrati in Germania.
«Li avevamo sempre sotto l’albergo. Ci pregavano di battere i tedeschi per le solite storie dei mangiaspaghetti e della mafia. E quando li battemmo piangevano tutti di gioia».
Il tema della migrazione: è sempre al centro dell’agenda politica italiana.
«La speculazione di questa tragedia, per loro e per noi, è sotto gli occhi di tutti».
Altro tema caldo: lei si è iscritto all’anagrafe antifascista di Sant’Anna di Stazzema, teatro di un eccidio nazista, 530 morti.
«Sono nato lì vicino, mio padre era socialista, sono cresciuto nel mito della Resistenza: siamo allo scatafascio da un punto di vista morale e si sente dire di strani ritorni, ho ritenuto serenamente di aderire».
Tra un mese compie 70 anni. Ma è vero che se rinascesse farebbe il cardiochirurgo?
«Sì, mi piacevano la medicina e la cardiochirurgia: il cuore mi ha sempre appassionato. In tutti i sensi».
CORRIERE.IT
This entry was posted on mercoledì, Febbraio 28th, 2018 at 08:17 and is filed under Sport. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.