Due milioni di indecisi. La grande caccia ai voti degli ex elettori del Pd

Centrodestra e M5S li corteggiano, Renzi spera di recuperarli
 I big del Pd dopo le primarie vinte da Veltroni

C’è un fenomeno originale in questa vigilia elettorale, un fenomeno dagli effetti potenzialmente dirompenti. Gli incerti, categoria che di solito «eccita» soltanto gli esperti di demoscopia, stavolta potrebbero rivelarsi decisivi nel disegnare gli assetti politici dei prossimi anni. Perché stavolta gli incerti non sono equamemente divisi tra i diversi schieramenti, ma appartengono quasi tutti allo stesso orientamento: sono in gran parte elettori di centrosinistra. In questi giorni i sondaggi sono vietati ma gli istituti lavorano a tempo pieno e alcuni dei più seri sono concordi nel rilevare questo dato clamoroso: nel «mercato elettorale» circolano circa 2 milioni di elettori che nel passato avevano votato Pd che andranno sicuramente a votare, ma che non sanno ancora per chi.

 

 Dunque c’è un bacino elettorale, ben preciso a cui attingere e infatti la «caccia» al voto in libera uscita è partito da diversi giorni. Certo, il primo che punta a recuperare questo voto è Matteo Renzi, ma il fenomeno più interessante riguarda i concorrenti più interessati: Berlusconi e Di Maio. Colui che è stato per anni il maggior professionista delle campagne elettorali, Silvio Berlusconi, ha avviato nelle ultime ore la sua sapiente «ninna nanna» all’elettore moderato che aveva votato Pd alle Europee 2014 e ora potrebbe tornare indietro. Ecco come Berlusconi calibra le sue parole davanti al pubblico bipartisan di Rtl 102.5: «Io sono uno dei tanti italiani che per un periodo ha creduto in Renzi, pensando che rappresentasse una ventata di novità. Invece ha dimostrato di non voler rispettare nessun patto, faceva cose diverse da quelle concordate e la collaborazione è finita male. Il Pd è un apparato per la gestione del potere».

 

E per consentire agli elettori Pd di identificarsi nelle sue parole, ecco Berlusconi sbalzare due figure retoriche: da una parte il Renzi buono delle origini e quello cattivo attuale e dall’altra il renziano deluso pronto a trovare riscatto: «Molti dei suoi elettori li trovo nei nostri incontri disorientati e delusi e mi sono permesso di fare un appello ai tanti moderati che avevano creduto nel suo messaggio iniziale: l’unico modo per difendersi dal pericolo grillino e l’unico voto utile è un voto al centrodestra». E come suggello ai suoi messaggi, anche la gag: a Sky Tg24 il Cavaliere ha improvvisato un’imitazione del segretario Pd: «Noi faremo questo, e quest’altro… Scusatemi ma ho perso la memoria… Ovviamente non io, sto facendo Renzi…».

 

Eppure, negli ultimi giorni la concorrenza più insidiosa arriva dai Cinque Stelle, perché stando ai flussi starebbero crescendo gli elettori di centrosinistra attratti dalla stella pentastellata. E qui si incrociano le ultime esternazioni di Luigi Di Maio: «Il voto per il Pd è sprecato, Renzi è sotto al 20. Ormai siamo al testa a testa tra noi e il centrodestra diviso su tutto». Come dire: caro elettore di sinistra (soprattutto giovane e radicale) il vero argine alla destra siamo noi.

 

Nel passato il bacino degli incerti si divideva più o meno equamente tra i diversi segmenti di elettorato, ma stavolta c’è un dato che fa notare Roberto Weber di Ixé, che cinque anni fa seppe anticipare meglio di altri l’exploit dei Cinque Stelle: «Mentre tra gli elettori di centrodestra e quelli dei Cinque Stelle sono alte le percentuale di coloro che sono intenzionati a confermare il proprio voto, nel Pd quella percentuale si abbassa ed è quasi doppia, per esempio, rispetto a quelli di centrodestra. Un potenziale serbatoio per altri partiti o un segno di profondo disorientamento, desinato a finire nell’astensionismo?». A questa domanda anche gli esperti della demoscopia non sono in grado di rispondere perché anche stavolta è destinato a ripetersi un fenomeno tipico e imperscrutababile che gli esperti chiamano «spirale del silenzio», secondo la definizione di una sociologa tedesca Elisabeth Noelle-Neumann. Si tratta della crescente pressione che gli elettori provano quando si rendono conto che le loro idee non corrispondono a quelle della maggioranza. E così, chi sa di avere un’opinione condivisa la esprime liberamente, chi invece ritiene di avere idee impopolari tende a ridursi al silenzio. E come hanno votato, si scopre soltanto quando si aprono le urne.

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.