Qual è il legame fra un ponte che crolla e la concorrenza polacca?
di Milena Gabanelli e Rita Querzè
Come leggi e mercato si scaricano sui viadotti
La maggior parte dei viadotti sono stati costruiti alla fine degli anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, quando i trasporti da 100 tonnellate erano rarissimi. Da allora è cambiato il mondo: è cresciuto il trasporto su gomma e pian piano anche i carichi eccezionali. Ed è proprio il «peso», che, anno dopo anno, ha stressato i ponti. Ad influire il prezzo del gasolio: alla fine degli anni Settanta costava la metà rispetto alla benzina, oggi è quasi uguale, 1 euro e 44 al litro. Meno dei 2 euro raggiunti tra 2008 e 2013, ma il doppio rispetto ai 70-80 centesimi al litro dei primi anni 2000. Nel 2006 sono arrivate le regole europee, che impongono ai camionisti di non guidare per più di 4 ore e mezza consecutive (9 nella giornata), con il tachigrafo digitale che impedisce di sgarrare.
Poi ci si è messa la concorrenza straniera, che negli ultimi 10 anni ha fatto fuori 34.000 aziende di trasporto italiane. Per dare un’idea: il costo orario lordo di un conducente italiano è pari a 28,14 euro, contro i 10 euro di un polacco. Così la nostra quota di mercato ha perso il 21%, mentre quella delle imprese dei Paesi dell’Est Europa è passata dal 15 al 55%. Morale: da anni si carica di più per fare meno viaggi e tagliare sui costi. I viadotti però sono sempre quelli degli anni Settanta, ma nessuno ha provveduto a rinforzarli, perché non esiste un monitoraggio sulle ricadute delle leggi e fenomeni di mercato.
Quanti sono i trasporti eccezionali e chi li autorizza
Oggi, per capire se questi cavalcavia sono ancora sicuri, bisognerebbe sapere quanti trasporti eccezionali li mettono alla prova ogni mese, in modo da programmare la manutenzione. Non dovrebbe essere complicato, visto che devono essere autorizzati da Anas, concessionari, regioni, province, e tutti i comuni coinvolti dal passaggio dei camion.
Le Province, mai abolite e senza soldi, chiudono le strade
Il responsabile delle autorizzazioni ai trasporti eccezionali di una Provincia del Nord Ovest dice che, da quando la legge di Stabilità del 2014 ha tolto le risorse, programmare la manutenzione è diventato impossibile e quindi controllano i loro cavalcavia «a vista». Quella legge ha imposto alle Province tagli di quasi un miliardo l’anno per tre anni, e le ha private della gran parte dei 3,7 miliardi che le amministrazioni ricevevano grazie a entrate proprie, perché le Province dovevano essere abolite. Però con la vittoria del «no» al referendum costituzionale, l’abolizione delle Province è saltata. La conseguenza è che, a fine 2017, risultavano chiusi per frane, crolli, smottamenti o manto stradale inagibile, circa 5.000 chilometri di strade provinciali; inoltre, su almeno il 52% della rete è stato inserito un limite di velocità tra i 30 e i 50 chilometri orari, perché le strade non sono sicure. I tecnici delle Province riferiscono di non poter chiudere altri tratti pericolosi e nemmeno ridurne la velocità di percorrenza, perché l’amministrazione non è in grado di sostenere i costi della segnaletica.
Microchip per monitorare i cavalcavia
Di buono c’è che la legge di Stabilità del 2017 ha stanziato 1,6 miliardi in sei anni per la manutenzione delle strade provinciali. Per mettere in moto la macchina degli appalti però ci vorrà tempo. L’importante sarebbe investire bene questi soldi, utilizzando da subito i microchip che permettono di monitorare le oscillazioni di ponti e cavalcavia. Secondo Maurizio Crispino, ordinario di Costruzione di strade, ferrovie e aeroporti al Politecnico di Milano, la tecnologia, disponibile già da tempo, permette di inserire sensori su ponti e cavalcavia per rilevarne le deformazioni; in questo modo, i tecnici responsabili delle infrastrutture potrebbero registrare le oscillazioni, dovute a degrado della struttura o a passaggi con carichi pesanti anomali, in remoto dal proprio ufficio. Per intenderci, se nel 2016 ci fosse stato quel benedetto sensore, il ponte di Annone Brianza non sarebbe crollato. Indietro non si torna, ma sarebbe da irresponsabili non evitare tragedie future. Una partita nella quale non sono coinvolte solo le Province, ma anche Anas e le concessionarie.
CORRIERE.IT
Si punta alle regionali con il solito Brini come candidato o con qualche faccia nuova. Devo essere sincero, a Brini preferisco rimanga Ceriscioli insieme al fedele scudiero Sciabbichetti. Se nel 2018 parliamo ancora di Brini che alle elezioni si è tenuto in disparte e che adesso un po” alla volta tira fuori un arto alla volta siamo proprio rimasti alla prima repubblica che poi non è peggio della seconda. Più si rende visibile e più possiamo essere sicuri che alle prossime elezioni non solo Forza Italia sparirà definitivamente ma anche chi gli si appresta se non viene mandato a casa chi da tempo è diventato l”anti Silenzi. Questo significa che in qualsiasi pessima amministrazione a prescindere da chi governa, se c”è ne uno solo , vincerà l”opposizione, se tutti e due perderà Civitanova. Sono comunque sempre stato convinto che Mobili abbia perso con Corvatta sia per i voti del No al Cavalcavia, ma soprattutto perché un giorno prima dell”elezioni Mobili compariva a tutta foto seduto vicino a Brini. Se forza Italia è aumentata, non è perché magari chi la votava pensava che Brini fosse finalmente scomparso dalla scena politica?. E invece ancora c”è chi gli da spago, magari convinto che sia stato lui a portare voti qui e là ma come ve ne va.