Di Maio a caccia di tecnici di sinistra. La carta Minniti
«È un discorso ancora prematuro», dice Riccardo Fraccaro a proposito di una offerta di ministeri al Pd in cambio della fiducia a un governo con i 5 Stelle. Ma un discorso prematuro è un discorso comunque possibile. E questa è un’importante apertura.
Il M5S potrebbe rivelarsi molto più flessibile di quello che appare. Lo provano anche i contatti che sono stati riallacciati con Salvatore Settis, ex direttore della Normale di Pisa e membro di Libertà e Giustizia, tra i più feroci critici, nel 2008, della politica di tagli alla scuola del governo Berlusconi. Sondata in questi giorni la sua disponibilità per il ministero dell’Istruzione e, in alternativa, per i Beni Culturali dove prenderebbe il posto di Alberto Bonisoli. Anche Bonisoli, come Giannetakis, è uscito sconfitto nel suo collegio uninominale, a Milano, e anche lui è considerato dai vertici come un nome «di riserva».
La trattativa sui ministeri è solo il primo tassello di un più ampio disegno di compromessi al quale Di Maio sta lavorando. Tra i doni che gli ambasciatori M5S vorrebbero portare al Pd, infatti, c’è anche la nomina dei membri del Consiglio superiore della magistratura. Una richiesta di disponibilità è già stata recapitata al costituzionalista Alfonso Celotto, allievo di Franco Modugno, giudice eletto alla Consulta in quota M5S. Celotto, già capo di gabinetto dei ministri Bonino, Calderoli, Tremonti, Barca, Trigilia e Guidi, gode della stima dei Cinque stelle per le sue posizioni sulla democrazia diretta, e a gennaio gli hanno offerto un ministero da lui rifiutato. E tra le pedine di scambio torna a circolare anche il nome del giurista Nicola Colaianni, ex Pci, poi Pds, arrivato in seconda posizione alle votazioni in rete degli attivisti M5S per la nomina di un membro laico del Csm nel 2014.
Paolo Gentiloni, intanto, ha tolto dal tavolo delle trattative il ricambio dei vertici dei servizi segreti, prorogandone di sei mesi l’incarico. «Il M5S è contrario», ha reagito Vito Crimi, membro del Copasir, per poi ammorbidire la posizione del suo partito, «consapevole della necessità di garantire in un momento così delicato la direzione dell’intelligence».
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