Quelle trame di Mattarella per fare un governo M5s-Pd

Sergio Mattarella ha deciso di rompere gli indugi e ormai da qualche giorno è sceso in campo in prima persona per provare a districare un rebus che pare davvero di difficile soluzione.

Certo, niente a che vedere con i pressing a volte scomposti ai limiti dell’ingerenza che hanno caratterizzato i nove anni sul Colle di Giorgio Napolitano, perché l’attuale inquilino del Quirinale ha modi certamente discreti e assolutamente pacati. D’altra parte, seppur da dietro le quinte, il capo dello Stato non può non farsi carico di uno stallo che ad alcuni osservatori sembra essere senza via d’uscita. È nelle cose, insomma, che cerchi di favorire dialoghi e trattative che gli permettano quantomeno di dare un mandato esplorativo per la formazione di un governo.

Tra gli scenari sul tavolo – partire dal M5s in quanto primo partito o dal centrodestra in quanto prima coalizione – Mattarella ha pochi dubbi, convinto che l’unica via percorribile – seppure con tutte le difficoltà del caso – sia quella di un governo Cinque stelle appoggiato dal Pd. Su questo ha puntato da giorni, scatenando non a caso la reazione infastidita di Matteo Renzi. Fin dalle ore successive al voto, infatti, il Colle ha tenuto aperto un canale diretto con Luigi Di Maio, forte del suo rapporto personale con l’attuale segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti. I due hanno una solida frequentazione da quando nel 2013 Di Maio fu eletto vicepresidente della Camera e Zampetti, allora segretario generale di Montecitorio, lo prese sotto la sua ala protettiva introducendolo ai segreti dei regolamenti parlamentari. Non è affatto un caso, insomma, che qualche giorno prima del voto sia stato proprio lui ad aprirgli il portone del Quirinale e accoglierlo nel suo studio quando – irritualmente e solo ad uso e consumo delle telecamere – Di Maio ha consegnato sul Colle la lista dei ministri del suo futuro governo. E al Quirinale il leader pentastellato tornerà proprio oggi, anche se ufficialmente solo per partecipare alle celebrazioni della Giornata della donna.

Mattarella, dunque, sembra essere convinto che sia questa la via più percorribile. Tanto che ancora ieri – dopo che la minoranza dem ha fatto sapere con Andrea Orlando di non aver alcuna intenzione di sostenere un esecutivo guidato dal M5s – gli ambasciatori del capo dello Stato hanno continuato a lavorare in questo senso. Diversi parlamentari vicini a Mattarella, siciliani e non, hanno infatti avuto contatti telefonici e personali con molti esponenti del Pd invitandoli ad essere «ragionevoli e responsabili». Che, tradotto, significa sostenere un esecutivo a trazione grillina, così da evitare che si torni al voto nel giro di pochi mesi o al massimo un anno. Una moral suasion a 360 gradi quella del Colle, tanto che da via dell’Astronomia c’è chi racconta che pure l’apertura ai Cinque stelle del presidente di Confindustria Francesco Boccia sarebbe stata in qualche modo concordata con il Quirinale.

D’altra parte, tra le poche certezze che sembra avere Mattarella c’è la sua forte perplessità sull’ipotesi di un governo a guida centrodestra. Al momento la possibilità di un incarico a Matteo Salvini non è presa in alcuna considerazione, così come ci sono molti dubbi anche su un nome meno caratterizzato del leader della Lega che faccia comunque riferimento all’area di centrodestra. Se il Pd fa fatica a sostenere i Cinque stelle, infatti, ancora più improbabile sarebbe appoggiare una maggioranza con Salvini e Giorgia Meloni. E questo anche seguendo lo schema di un improbabile governo di minoranza che ieri sembrava essere molto gettonato tra i big di Forza Italia (dando per scontato che Lega e FdI siano davvero disponibili a farlo). Intanto, a quindici giorni dalla prima seduta delle Camere, rispunta l’ipotesi di un accordo tra Lega e M5s per «dividersi» le presidenze. Al Senato, nonostante qualche dubbio del Colle, è in pole il leghista Roberto Calderoli (in queste ore in stretto contatto con Danilo Toninelli). Alla Camera il grillino Roberto Fico.

IL GIORNALE

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