Matteo Salvini si riscopre istituzionale, ma ora teme le larghissime intese

ALBERTO MATTIOLI
MILANO

Di lotta e di governo. Ieri è stata la giornata del Salvini bifronte. «Orgogliosamente populista» al mercato, a fare battute in dialetto e a distribuire agli elettori volantini con la sua faccia e una parola sola: «Grazie». Ma anche insolitamente plaudente al Quirinale. Sergio Mattarella richiama tutti al senso di responsabilità? E Salvini commenta: «Ha ragione il Presidente, gli interessi del Paese e degli italiani vengono prima di qualsiasi calcolo politico». Abbastanza scontato e assolutamente giusto, ma non si era mai visto un segretario leghista così istituzionale.

 La road map della crisi, vista da via Bellerio, è chiara. Oggi si riuniranno a Milano tutti gli eletti leghisti cui verrà impartita la linea. Sostanzialmente, sempre quella: l’incarico spetta al centrodestra perché è la coalizione di maggioranza relativa e, all’interno del centrodestra, a Salvini perché il suo è il partito più forte. Poi si andrà in Parlamento a cercare i voti su alcuni punti e lì, dice Salvini, «vedremo chi ci darà una mano a portarli avanti e chi invece dirà di no a prescindere. Quindi niente accordi organici né con il Pd né con i Cinque Stelle né con la Boldrini». Stesso metodo per la prima delle molte partite che si aprono, quella per i presidenti delle Camere: «Noi faremo le nostre proposte e vedremo chi ci sta. Gli elettori non ci hanno chiesto di stare alla finestra a guardare quel che succede». In questa incertezza, l’unica certezza è che Salvini se la vuole giocare davvero. Sa che sarà molto difficile entrare davvero a Palazzo Chigi, ma vuole provarci (e poi, si ragiona a casa Lega, l’altro candidato – almeno di quelli dichiarati -, Luigi Di Maio, di probabilità non ne ha molte di più).


Salvini: “Un governo senza il centrodestra? Sarebbe molto strano”

 

Il tutto, ammesso che l’asse con Berlusconi regga. Ieri Salvini ha definito Silvio «una risorsa», che è un complimento un po’ a doppio taglio, e ha assicurato che con lui «va d’amore e d’accordo».

 

Però ieri Berlusconi ha anche chiesto «la collaborazione di tutti» per fare un governo di larghissime intese che ai leghisti non piace per nulla. Idem le voci di un centrodestra che potrebbe puntare su candidati meno divisivi di Salvini, tipo il governatore del Veneto, Luca Zaia. Almeno per la Lega, la prima scelta è Salvini. Questa è la linea e per non fare confusione sono stati anche silenziati i big del partito, caldamente pregati (per usare un eufemismo) di non farsi troppo intervistare.

È quindi da segnalare l’uscita alla radio di Giancarlo Giorgetti, vicesegretario e gran mediatore: «Un governo di scopo con il Pd? Si potrebbe fare, e poi subito al voto. Un governo di scopo con il Pd per realizzare la legge elettorale e la manovra? Per la legge elettorale sì, per la manovra no». Ma prima c’è la direzione Pd di lunedì, dalla quale si capirà (forse) se un governo Pd-M5S è, se non probabile, possibile (e, per inciso, ai leghisti non dispiacerebbe troppo: sono convinti che vivrebbe poco e soprattutto male).

Il resto della giornata salviniana di ieri è folklore. È iniziata in un mercato di Milano per ringraziare gli elettori dei molti voti presi, il tutto ovviamente in diretta Facebook (bilancio: 34 mila like). E qui si è rivisto il Salvini di lotta. Fra un assaggio di gorgonzola e un appello a non comprare le mimose dall’abusivo, «il Matteo» ha regolato un po’ di conti. Con Calenda: «Che tristezza. Comodo fare lezioncine da fuori». Con l’8 marzo e relativa retorica: «Le donne chiedono fatti, non scioperi o parole». E con Roberto Saviano accomunato a una dama che al mercato aveva elegantemente invitato Salvini ad andare «fuori dai c…» nella categoria dei «rosiconi di sinistra», sinistrati dal successo della Lega.

Da notare come, a favor di telecamerina, Salvini abbia di nuovo mandato un pensiero al Quirinale: «Se c’è Mattarella all’ascolto, salutiamo il Presidente. Ci vedremo presto». Poi il segretario si è tolto il doppiopetto (tutto metaforico, per carità) ed è andato a San Siro a vedere Milan-Arsenal.

LA STAMPA

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