“I dem sono il nemico”, “Peggio Di Maio”. I nuovi eletti della Lega e il dilemma delle alleanze
AAA cercasi una cinquantina di parlamentari per portare Matteo Salvini a Palazzo Chigi. Visti i numeri, la Lega che si vorrebbe di governo allarga gli orizzonti ma non troppo. Igor Iezzi, 43 anni, ex segretario e consigliere comunale a Milano catapultato per la prima volta a Montecitorio, mette i paletti: «Accordi organici non ne facciamo con nessuno. Ma è chiaro che è più facile trovare i parlamentari che ci mancano tra i 5 Stelle. Anche se tra di loro c’è gente molto più a sinistra del Pd che viene dai centri sociali. Una volta dato l’incarico a Matteo Salvini si va in aula con 4 o 5 punti di programma. Penso che sull’abolizione della legge Fornero non possano dire di no. Ma mi viene difficile pensare ad accordi su una nuova legge elettorale. Quella è la cosa più politica che c’è».
Salvini: “O c’è un governo o la parola torna agli italiani”
Al primo piano delle Stelline, la riunione dei 183 deputati e senatori della Lega è finita da poco. All’ingresso gli hanno tolto i telefonini per non registrare. Giurano che non si è parlato di politica, figuriamoci di alleanze: «Ci hanno dato solo consigli pratici. Tipo che alla Camera ci vuole la giacca ma non la cravatta. Ah sì… ci hanno detto anche di non accettare caramelle da sconosciuti». Gli «sconosciuti» sarebbero il resto del mondo, in questa partita che vale scudetto e coppa Italia. Averci a che fare è materia assai spinosa. Giuseppina Pina Castiello, ex deputata campana di Forza Italia approdata alla Lega, fa lo slalom con le parole: «Allearsi con i 5 Stelle è impossibile. Sono inaffidabili, li conosco bene. È vero che anche loro sono contro la legge Fornero ma come muoversi lo decide il segretario e la coalizione».
Salvini: “Un governo senza il centrodestra? Sarebbe molto strano”
L’abolizione della legge Fornero è il catalizzatore. Il reddito di cittadinanza che «farebbe saltare l’Inps e il sistema delle pensioni» come dice Umberto Bossi è l’ostacolo più grande. Matteo Salvini mette nel piatto pure una presidenza di Camera o Senato per i 5 Stelle. Ma guai a parlare di accordi. Massimiliano Fedriga, parlamentare del Nord-Est di lungo corso chiude la saracinesca a doppia mandata: «Gli accordi fatti dopo le elezioni erano una cosa che avviliva e faceva parte della vecchia politica. Noi come centrodestra siamo la maggioranza relativa in Parlamento. Se ci deve essere un dialogo su alcuni punti di programma che possono essere condivisi va fatto coi singoli parlamentari».
Certo l’idea di sedersi attorno a un tavolo a trovare la quadra per qualcuno è un esercizio machiavellico. Senza contare che esporsi troppo quando non si è ancora capito dove tira il vento può essere assai rischioso. Meglio essere tranchant come Luis Roberto Lorenzato, avvocato e discendente di una nobile famiglia di Ivrea, eletto tra gli italiani all’estero nel collegio di San Paolo in Brasile: «Per me i 5 Stelle e il Pd sono la stessa cosa». E si intende che non li considera come la crema sul babà. Simone Billi, fiorentino ma emigrato in Svizzera dove è diventato manager di una multinazionale nel settore Energia prima di essere eletto nel collegio di Zurigo, dissente: «Non è vero. I 5 Stelle sono peggio di tutti». Mirabile la sintesi di Donatella Tesei arrivata al Senato dall’Umbria dove è sindaco di Montefalco: «Il Pd è il male conosciuto. I 5 Stelle sono il male sconosciuto».
Eppure se la Lega vuole andare al governo qualche amarissimo calice se lo deve pur bere. Alla fine si gioca tutto su acrobatici equilibrismi. Come dice Claudio Borghi, il responsabile economico del partito rieletto in Toscana: «Ci sono delle cose di massimo buon senso su cui tutti sono d’accordo. penso all’abolizione della legge Fornero. C’è chi la vuole cancellare, chi la vuole correggere, è solo una questione di termini. Riuscire a parlare coi 5 Stelle sarebbe epocale visto che non si è mai fatto. Trovarsi sui programmi è fondamentale ma l’importante è fare le cose». Che non sia troppo facile lo si capisce da quelli che svicolano e rimandano al «segretario, decide il segretario». Pure la neoleghista eletta Giulia Bongiorno, che saluta gentile «ma non mi faccia dire nulla». O Roberto Calderoli, dentista e più volte ministro con la Lega che giura di tacere fino al giorno dell’insediamento: «Ho mal di denti, non parlo fino al 23 marzo».
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