Quel ponte gettato tra populisti
Sembra tutto immobile. Ma in realtà, sotto la superficie, è tutto in movimento. Certo, a leggere le dichiarazioni ufficiali è come se ancora i leader fossero in campagna elettorale. «Fidatevi di me. Andiamo al governo», assicura Luigi Di Maio ai suoi trecento neoeletti. «L’unico candidato della Lega è Salvini, l’abbiamo messo nel simbolo», dice il segretario della Lega parlando di sé in terza persona. Eppure anche ieri qualcosa si è mosso. Salvini, per esempio, ha lanciato due segnali politici.
Il primo ai cinquestelle, offrendo loro la presidenza di un ramo del Parlamento. Potrebbe essere un segnale di convergenza, su un inedito asse «populista» Lega-M5S. In fondo una relazione quasi naturale. Oppure potrebbe essere un monito rivolto a quei democratici meno propensi a sottostare al principio dell’opposizione a ogni costo: se non volete essere tagliati fuori da tutto, mettetevi in gioco.
Ma al momento l’ipotesi di una collaborazione tra Lega e Pd è davvero lontana. A meno che, come sussurrano alcuni dem, Salvini non faccia un passo indietro e proponga qualcuno meno caratterizzato politicamente come il vicesegretario Giancarlo Giorgetti. Che proprio ieri, guarda caso, ha aperto a un «governo di scopo con il Pd per una nuova legge elettorale». Primi segnali di fumo: e siamo solo a cinque giorni dal voto.
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