Lo strappo di Salvini: tratta con i 5 Stelle la presidenza delle Aule

Un centrodestra a due velocità. Con Matteo Salvini che prova ad accelerare e Silvio Berlusconi convinto che la partita del prossimo governo sarà invece molto lunga, esattamente come è accaduto in Germania dove ci sono voluti diversi mesi prima di arrivare alle larghe intese che hanno dato il via al quarto esecutivo guidato da Angela Merkel.

D’altra parte, il voto ha cambiato gli equilibri interni alla coalizione ed è nelle cose che il segretario della Lega – uno dei due vincitori della tornata elettorale insieme a Luigi Di Maio – voglia andare all’incasso. Così, dopo una settimana all’insegna del low profile, Salvini ieri ha deciso di mettere in chiaro tre punti. Il primo è che farà il possibile per «rispettare il mandato degli italiani e andare a fare il presidente del Consiglio». Il secondo è che non è intenzionato a «scendere a patti e rinnegare la nostra Bibbia, che è il programma», quindi no a «governini, governissimi e passi di lato». «Per pateracchi e minestroni – dice – non sono assolutamente disponibile». Il terzo è che la partita della presidenza delle Camere – la prima seduta del Parlamento è convocata per il 23 marzo – non la giocherà a nome di tutto il centrodestra, ma in quanto leader della Lega.

«Ci sono due forze politiche che hanno vinto le elezioni e – spiega – è giusto che ragionino tra loro». E, quindi, una andrà a un esponente del Carroccio e l’altra a un Cinque stelle. L’approccio di Salvini, in verità, non fa una piega, perché è nelle cose che il segretario della Lega voglia capitalizzare il risultato elettorale. Di fatto, però, il rischio è quello di mandare fuori giri l’alleanza di centrodestra, visto che Berlusconi concorda solo in parte, soprattutto per quanto riguarda l’ipotesi di tornare al voto a breve e la questione della presidenza delle Camere. Sul primo punto, infatti, l’ex premier ha detto chiaro e tondo che farà quanto in suo potere per evitare che si torni alle urne e per assicurare stabilità all’Italia. Sul secondo, invece, l’obiezione è che se la Lega vuole la guida di Palazzo Chigi, allora una delle presidenze la dovrebbe lasciare a Forza Italia (nello specifico a Paolo Romani quella del Senato). Un’obiezione che potrebbe avere un senso se ci fosse la certezza di un’investitura di Salvini che, invece, appare improbabile. Anche se si tentasse la via di un governo di centrodestra, infatti, i numeri in Parlamento sono tali che il Quirinale guarderebbe ad una figura più unificante. Salvini lo sa bene ed è per questo che segue lo schema Lega-M5s. Detto questo, non c’è dubbio che ieri il leader del Carroccio abbia deciso di ballare da solo, parlando a nome del suo partito e non certo rappresentando gli interessi di tutta la coalizione. Le strade di Salvini e Berlusconi, insomma, potrebbero finire per divergere. Non è un caso che per tutta la giornata di ieri non ci sia stato un esponente uno di Forza Italia che abbia commentato la presa di posizione di Salvini. Un silenzio che non dipende solo dal fatto che, a una settimana dal voto, gli azzurri sono ancora frastornati dal risultato elettorale. L’irritazione tra di loro è infatti palpabile e, a microfoni spenti, i toni verso Salvini sono piuttosto coloriti. Il Cavaliere, però, continua a predicare cautela, persuaso che il tempo cambierà equilibri e posizioni in campo. Berlusconi li chiama «i 100 giorni» ed è convinto che siano «appena iniziati». Il riferimento è a quanto recentemente accaduto in Germania, dove ci sono voluti mesi e mesi per vedere tramontare l’ipotesi del governo cosiddetto Giamaica fino al via libera alle larghe intese tra Cdu e Spd. Detto questo, se davvero fallissero tutti i tentativi di dar vita ad una maggioranza e il Quirinale passasse all’opzione larghe intese – che si chiami governo di tutti, di scopo o del presidente – non è affatto scontato che la Lega sia disponibile a sedersi al tavolo.

IL GIORNALE

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