Pomezia, M5s scarica il sindaco ribelle: i consiglieri si dimettono. Fucci: “Irresponsabili
di CLEMENTE PISTILLI
Da incorruttibile a nemico pubblico numero uno, da campione dell’universo pentastellato da esibire in ogni occasione a contestatore da abbattere. Triste parabola quella di Fabio Fucci all’interno del Movimento 5 Stelle. Il sindaco di Pomezia, il primo che è riuscito a issare una bandiera del M5s su un municipio del Lazio, appare destinato anche ad essere il primo in Italia a finire a casa per dimissioni di massa da parte della sua maggioranza.
Una decisione ufficializzata questa sera, al termine del consiglio comunale nella città del litorale romano, dai consiglieri pentastellati ormai in rotta di collisione con il primo cittadino che si è ribellato alla regola dei due mandati e per ricandidarsi ha deciso di farlo con una civica.
Dopo una consiliatura passata sui banchi dell’opposizione, quando la città fondata da Mussolini era retta dal centrosinistra, Fucci venne eletto sindaco il 10 giugno 2013. Pomezia divenne il primo centro del Lazio conquistato dal Movimento 5 Stelle. E i risultati ottenuti dal primo cittadino entusiasmarono Beppe Grillo e i big del M5S. Non c’era incontro importante in cui non venisse fatto salire Fucci sul palco e in cui non venisse sbandierato il “sistema Pomezia”. Popolarità che raggiunse l’acme quando, nelle intercettazioni compiute dagli investigatori impegnati nell’inchiesta Mafia Capitale, emerse una conversazione in cui Salvatore Buzzi, ras delle coop, definì il sindaco di Pomezia un incorruttibile. Ecco dunque che con Virginia Raggi sindaca di Roma e sindaca della Città Metropolitana, la ex Provincia, a Palazzo Valentini quest’ultima chiamò come suo vice proprio Fucci.
Lo scorso anno l’idillio è finito. Fucci ha iniziato a dire che il limite dei due mandati imposto dal M5s ai suoi amministratori va superato, che non si possono equiparare i mandati da consigliere d’opposizione e da sindaco, e che lui voleva terminare il lavoro avviato. Parole a cui è seguita la decisione di ricandidarsi a maggio con una lista civica e dunque contro il nuovo candidato scelto dai pentastellati. Abbastanza per far tuonare contro Fucci lo stesso Luigi Di Maio e farlo mettere alla porta dalla Città Metropolitana.
L’accordo, come fu nel caso di Federico Pizzarotti a Parma, era però quello di ultimare la consiliatura. Ma non ha retto. Stasera, al termine del consiglio comunale, dopo l’approvazione del bilancio, i consiglieri di maggioranza hanno annunciato di volersi dimettere in blocco e affidare così, fino alle elezioni, l’ente locale a un commissario prefettizio. “Si tratta di un gesto irresponsabile, significa mettere le beghe di partito davanti alla crescita di Pomezia ed al benessere dei cittadini”, ha commentato Fucci.
“Non possiamo più sostenere un sindaco e una giunta palesemente in contrasto con la forza politica a cui apparteniamo”, hanno replicato gli ortodossi consiglieri a 5 stelle. Il caso Pomezia così finisce per dare ragione a chi denuncia la mutazione del Movimento e la sua trasformazione in partito. Talmente uguale agli altri da far cadere anticipatamente una giunta e un’amministrazione perché c’è chi si discosta da una linea del Movimento, la linea tracciata da Genova.
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