Il caso Facebook, l’algoritmo? Possiamo imbrogliarlo
Facebook vuole rubare, per così dire, i dati dai profili degli utenti? Risposta semplice: darglieli sbagliati. Confonderli, depistarli, rendere inutili gli algoritmi utili a fare di te un bersaglio commerciale, o un obiettivo della propaganda politica. Invece di lamentarsi, o cercare velleitariamente di arginare l’inarginabile, o ritirarsi nel deserto (ma il wifi arriva anche lì) sarebbe meglio praticare un’astuta guerriglia di falsificazione dati. Un manuale combattivo per disorientare, zigzagare, far impazzire chi vuole sapere tutto di te, per venderti qualunque cosa di sé.
Per esempio, spiazzare. Un giorno mettere molti pollici all’insù per mostrare interesse a una pagina di militanza gay, il giorno successivo fare lo stesso con la pagina dei «Legionari di Cristo» o delle «Sentinelle in piedi». Su Facebook vanno molto le competizioni tra canari e gattari: basta apprezzare i gatti e poi subito dopo i cani per stordire i produttori di cibi per animali che hanno già posato lo sguardo famelico su di te. Un giorno mettere un like a una foto nostalgica di Obama, un altro apprezzare pubblicamente il sito dei trumpiani d’Italia: l’algoritmo comincerà a odiarti, il manipolatore occulto si sentirà manipolato. Mostra di essere un seguace vegano con apposito «mi piace», ma poi, subito dopo, sottolinea con entusiastica adesione la tua simpatia per la corrente più oltranzista dei pro-caccia. I frequentatori della pagina dedicata al tofu sentiranno di avere un fratello se si mette qualche commento a favore, ma anche quelli che esaltano il ragù al cinghiale della Maremma penseranno di avere trovato un seguace attento. Si sbaglieranno, ma si sbaglieranno anche quelli che accumulano segnali per individuare un profilo facile da identificare e braccare. E la guerriglia del depistaggio avrà segnato un punto a suo favore.
Tanto per creare ulteriore confusione, e contribuire alla costruzione di un monumento al caos della tua personalità inafferrabile e quindi commercialmente e politicamente inutilizzabile, sarebbe anche oltremodo consigliabile una raffica di «mi piace» all’impazzata, senza un senso compiuto, pura «ammuina»: l’effetto frastornante è assicurato, per gli algoritmi arriva concretamente il rischio di andare in tilt. Parcellizzare il tifo calcistico: prima della Juve, poi della Roma, poi del Chievo, nell’ordine che si vuole e con le squadre che si decide di citare, possibilmente divise da una fiera rivalità per accrescere la percezione di una personalità frantumata. Molto contribuisce all’identificazione la scelta dei luoghi di vacanza, dunque occorre essere marinaro nei giorni dispari e montanaro in quelli parti, un giorno fissati con i tramonti, un altro con l’alba radiosa.
Mostrarsi entusiastici sostenitori dei 5 Stelle, ma solo il lunedì e il giovedì, il mercoledì è dedicato alla sparata di like sui profili favorevoli a Maria Elena Boschi, il testo della settimana a piacimento. Far finta di essere sostenitori di campagne umanitarie a favore dei migranti vessati e umiliati dalla crudeltà dell’Occidente. Ma poi iscriversi al gruppo «Prima gli italiani», commentando in un certo modo i famosi fatti di Macerata. Solidarizzare con Vittorio Sgarbi e a qualche minuto di distanza mettere un cuore nel profilo di qualche vittima delle invettive sgarbiane.
Gli algoritmi sembrano intelligenti, ma ci cascheranno. I padroni dei dati si sentiranno impotenti. E la guerriglia non è nemmeno molto faticoso: basta premere un po’ di tasti a casaccio e il più è fatto. L’attacco alla democrazia sarà presto sventato.
CORRIERE.IT
This entry was posted on venerdì, Marzo 23rd, 2018 at 08:33 and is filed under Esteri. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.