Senato, Forza Italia tira dritto su Romani: “Fa parte dell’accordo”
Manca l’intesa sulle presidenze di Camera e Senato. Lo stallo al momento non consente di convergere su un candidato e la trattativa è in alto mare.
A far saltare il tavolo delle trattative sono stati i Cinque Stelle che hanno posto il veto su Paolo Romani. Al muro alzato da Luigi Di Maio, Silvio Berlusconi ha risposto con fermezza. “In base agli accordi assunti tra i leader del centrodestra e confermati da ultimo ieri sera nella riunione dei capigruppo – si legge in una nota pubblicata dopo il primo scrutinio – il presidente Berlusconi e Forza Italia alla terza votazione al Senato confermano l’indicazione di voto del senatore Paolo Romani come candidato della coalizione di centrodestra”.
La Lega non rompe l’alleanza con il centrodestra. E, nonostante le incursioni dei grillini, che si rifiutano di sedersi al tavolo delle trattative con il Cavaliere, Matteo Salvini si schiera senza se e senza ma con Berlusconi che, nelle scorse ore, aveva chiesto a Di Maio di vedersi per trovare la quadra sulle presidenze delle Camere. “I Cinque Stelle – spiega – sbagliano a porre veti e a non parlare con Berlusconi. È giusto parlare chiunque sia stato votato dagli italiani. Ma sbaglia anche chi si arrocca su un solo nome. Ognuno di noi – continua – deve parlare con tutti e mettersi di lato di qualche centimetro. Noi della Lega ci siamo messi di lato di un chilometro…”. Per sbloccare l’impasse Guido Crosetto ha proposto al capogruppo in pectore del M5S al Senato, Danilo Toninelli, di far sedere Beppe Grillo a un tavolo con Berlusconi. “I parlamentari pentastellati sono ora in un cul de sac – argomenta – non possono dire che parlano con tutte le forze politiche e poi dire a Forza Italia, ‘no, con voi noi non ci siediamo’”.
I messaggi di pace, però, cadono nel vuolo. E fonti grilline fanno sapere che, se Forza Italia insisterà con il nome di Romani come candidato alla presidenza del Senato e il Pd indicherà il nome di Luigi Zanda, voteranno per l’esponente dem. “Un po’ come accadde nel 2013 – spiega una fonte autorevole del M5s – quando si doveva scegliere tra Renato Schifani e Pietro Grasso”. Con la differenza, viene sottolineato, che allora il voto per Grasso di alcuni Cinque Stelle provocò il primo terremoto dentro il Movimento 5 Stelle, che fece i conti con i primi espulsi, mentre adesso la scelta è avallata dai vertici.
IL GIORNALE