Cinque stelle e due morali
Secondo Luigi Di Maio, il forzista Paolo Romani non potrebbe fare il presidente del Senato perché ha in corso un processo per peculato.
In effetti è così, e la vicenda riguarda l’uso di un telefonino che il senatore aveva in dotazione dal comune di Monza in quanto assessore. Attivato, ma non usato dall’interessato che utilizzava la scheda del Senato, l’aggeggio finì nelle mani della figlia allora minorenne alla quale non parve vero di chattare per mesi gratis con le amiche. Quando al comune di Monza arrivarono le bollette ci fu grande imbarazzo e, scoperto l’arcano, Romani saldò il conto di tasca sua, ma questo non bastò a placare il rigore dei solerti giudici avvisati della questione.
Tutto qui, sono incidenti che possono capitare anche nelle migliori famiglie. Anche in quella di Di Maio, che da un processo si è salvato invocando l’immunità parlamentare alla quale, a parole, aveva detto di volere rinunciare. La vicenda riguarda una causa intentata da un gruppo di giornalisti che Di Maio aveva diffamato e inserito in una lista di proscrizione resa pubblica dal suo movimento. Lui, a differenza di suoi colleghi, il processo l’ha sfangato grazie ai privilegi della casta che dice di volere abbattere.
Se Romani non può essere candidato alla presidenza del Senato per una bravata della figlia minorenne, come possono i sindaci grillini di Roma, Torino e Livorno rimanere al loro posto avendo in corso processi ben più gravi e tutti riferiti a responsabilità penali personali? In base al «teorema Di Maio» dovrebbero dimettersi perché non degni di ricoprire ruoli pubblici. Invece ovviamente restano tutti al loro posto con la benedizione del moralista capo, quello che dai processi scappa grazie all’immunità. Giulio Andreotti diceva: «Io distinguerei le persone morali dai moralisti, perché molti di coloro che parlano di etica, a forza di discuterne non hanno poi il tempo di praticarla». Per questo il caso Romani non è una questione di secondo ordine, come può apparire di fronte ai problemi che sono sul tappeto. Temo che sia quello che ci aspetterebbe se per disgrazia dovessero affidare l’Italia ai grillini. Sarebbe un’Italia a due morali, una molto lasca per loro e l’altra spietata e usata come una clava contro tutti gli altri. Noi – che siamo sulla loro lista di proscrizione – per primi.
IL GIORNALE