L’ex precario pensa alla casta, l’avvocato chic ai lavoratori
Il movimentista napoletano Fico per l’occasione indossa persino la cravatta (la Casellati, nota tra le dame di centrodestra per la sua eleganza, si insedia in tailleur blu).
Ha fatto presto il grillino a cambiare registro grazie all’ascensore sociale della politica – l’unico rimasto – che lo catapulta da precario di call center a terza carica dello Stato.
Nel suo discorso inaugurale colpisce il bon ton istituzionale stile prima Repubblica, segno evidente della nuova fase per il M5s, nato con gli insulti ai partiti e l’obiettivo di «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno». Invece, incassata la massima carica parlamentare, ecco Fico – l’«ortodosso» del grillismo – dichiararsi «emozionato nel rivolgermi oggi, in quest’Aula, a tutti voi», cioè agli impresentabili esponenti dei partiti «morti», secondo la dottrina di Grillo. Tromboneggia sulla Costituzione, sul «senso di Stato» e sul «Parlamento come istituzione pensante», ringrazia devotamente Mattarella come «garante degli equilibri e dei valori costituzionali». Poi rende omaggio al predecessore Boldrini e al nuovo omologo berlusconiano al Senato (storpiandone però il nome in «Castellati»), e già che c’è anche al presidente della Corte Costituzionale, per poi ribadire nuovamente «l’emozione di rivolgermi oggi a questa Assemblea».
Anche quando annuncia come priorità il «taglio ai costi della politica», si affretta subito a specificare – con l’abusata formula cerchiobottista – che «non significa per questo tagliare i costi della democrazia», espressione vaghissima in cui si può includere tutto quel che non si vuole tagliare. E infatti, attorniato dai commessi della Camera impegnati nel gravoso compito di passare due fogli di carta, ringrazia «tutto il personale dell’Amministrazione della Camera dei deputati, che è un modello di qualità nel panorama europeo». Tradotto: state tranquilli, nei costi della democrazia ci sono pure i superstipendi dei dipendenti della Camera che non verranno toccati.
Da rivoluzionari a funzionari il passo è breve, anche per i grillini (il potere logora chi non ce l’ha). Certo, le differenze restano, ed è difficile immaginare una distanza più grande tra i due nuovi presidenti delle Camere, non solo nei profili e nelle personalità, ma già nel discorso inaugurale scritto con tutta evidenza in largo anticipo («stamattina» dice Fico, molto più probabile già il giorno precedente, se non prima). La Casellati, oltre al riferimento inevitabile alla questione femminile come prima donna in quel ruolo, incentra il discorso sui temi dell’economia e del lavoro in Italia. Cita «l’industria 4.0» che «cambierà nei prossimi anni l’approccio al mondo del lavoro», il decennio di «grave crisi finanziaria» che ha imposto sacrifici ad aziende e famiglie. Parla di «sostegno alle imprese, alla produzione, a chi ogni giorno contribuisce a fare del marchio Italia il più prezioso biglietto da visita dell’ingegno, della creatività, delle capacità degli italiani». La globalizzazione che «offre opportunità e conoscenza», ma anche «il rischio di nuove marginalizzazioni, a partire dal lavoro. Sono troppi gli italiani che non hanno un’occupazione».
Altri temi toccati dalla Casellati: «Gli uomini e donne in divisa» impegnati nelle missioni internazionali, il legame con la Ue, il patrimonio artistico nazionale. Nelle parole di Fico assenti imprese, economia, lavoro, Europa ed esercito, dominano invece i cavalli di battaglia grillini: l’etica pubblica, la legalità, «l’interesse generale», le lobby cattive, «il rispetto per la cosa pubblica», la «centralità del Parlamento» e una spruzzatina di «nuove tecnologie digitali» che ci sta sempre bene. La Casellati cita i «cittadini» quattro volte, lui quattordici. Fico è emozionato, l’ha già detto, per la «strada totalmente inaspettata» che ha preso la sua vita, dai meet up napoletani a presidente della Camera nel giro di qualche anno. Più che inaspettato, diciamo pure miracolato
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