Salvini avverte: “Premier sarà indicato dal centrodestra”. Di Maio: “Governo, partita ‘slegata’ da presidenze”
ROMA – Matteo Salvini non lascia passare neppure 24 ore dall’elezione dei presidenti di Camera e Senato. E sui social, a metà giornata, lancia il suo messaggio: “Nel rispetto di tutti, il prossimo premier non potrà che essere indicato dal centrodestra, la coalizione che ha preso più voti e che anche ieri ha dimostrato compattezza, intelligenza e rispetto degli elettori”. Dopo il difficile armistizio con Forza Italia, mentre dilagano i malumori degli azzurri nei suoi confronti, il destinario del post su Fb e Twitter è innanzitutto il possibile nuovo alleato: Luigi Di Maio.
Il leader e candidato premier del M5s usa Instagram per smontare il teorema che vorrebbe l’accordo con il centrodestra sulle presidenze delle Camere rivelatore di una prossima saldatura delle stesse forze per la formazione del nuovo governo. “Abbiamo sempre detto – ripete Di Maio – che la partita sulle presidenze delle Camere è slegata da quella del governo”. Piuttosto, è il concetto su cui spinge, “da oggi chi vuole lavorare per i cittadini, sa che esiste una forza affidabile e seria che dialoga con tutti e si muove compatta per il bene del Paese”.
All’invito di Di Maio a quanti intendano davvero “lavorare per i cittadini”, Salvini implicitamente risponde ricordando punto per punto il suo programma: “Via legge Fornero e spesometro, giù tasse e accise, taglio degli sprechi e spese inutili, riforma della scuola e della giustizia, legittima difesa, revisione dei trattati europei, rilancio dell’agricoltura e della pesca italiane, ministero per i disabili, pace fiscale fra cittadini ed Equitalia, autonomia e federalismo, espulsione dei clandestini e controllo dei confini. Noi siamo pronti, voi ci siete”.
Messaggio recapitato? Se qualcuno avesse ancora bisogno di chiarimenti, ecco arrivare la dichiarazione di Giancarlo Giorgetti, fedelissimo di Salvini. “In Parlamento c’è tanta gente eletta nei collegi uninominali che magari ha messo qualche cosa di suo, degli amministratori locali, persone che possono condividere quello che sarà il programma che Salvini proporrà per il governo. Immagino sarà incaricato”. Insomma, Palazzo Chigi spetta a Salvini. E ai Cinquestelle arriva un messaggio anche sul punto del loro programma che più di altri potrebbe ostacolare il raggiugimento della famosa quadra. “Il reddito di cittadinanza – mette nero su bianco Giorgetti – vediamo se possiamo declinarlo in un altro modo”. Certo, se si trattasse di “una misura universalistica” per “sostituire la pensione o una reversibilità”, aggiunge, allora “non ha assolutamente senso”. Invece, “se è un qualche cosa che orienti o incentivi la ricerca del lavoro”, dice il deputato della Lega, allora “può essere valutato”.
Il percorso non è affatto semplice, Salvini e Di Maio sono due leader e, programma a parte, nessuno dei due è disposto a venir fuori con una soluzione che lo faccia apparire subalterno all’altro. Ma la trattativa è percorribile e a certificarlo arriva una frase di Grillo, in partenza da Roma dove si è trattenuto un paio di giorni per il suo spettacolo. “Salvini è uno che quando dice una cosa la mantiene, il che è una cosa rara”.
Di sicuro le tensioni nel centrodestra non sono sopite. Renato Brunetta, che ieri ha fatto sapere di voler rinunciare all’incarico di capogruppo forzista, paventa esattamente il rischio di subalternità di Salvini nei confronti di Di Maio: “Io continuo a dire che il centrodestra ha leadership plurali. O queste leadership riescono a fare sintesi e allora il centrodestra è forte. Se non riescono a fare sintesi il centrodestra non esiste più. Esiste solo Salvini, ma Salvini ha solo il 17%, e cioè è totalmente subalterno al Movimento Cinquestelle”. La strada per Palazzo Chigi, insomma, è ancora tutta in salita.
Ospite di In mezz’ora in più, il segretario reggente del Pd Maurizio Martina non crede a Di Maio e sottolinea invece come l’intesa tra Centrodestra e M5s sulle presidenze delle Camere rappresenti “un fatto politico nuovo”, indicativo di quanto potrebbe succedere anche a livello di esecutivo. “Non mi si dica – dice Martina – che la partita delle scelte dei presidenti di Camera e Senato è distinta dal governo. Lo dicano ai loro elettori, Lega e M5s: c’è un disegno complessivo”.
Quanto al Pd, in questa partita “noi ascolteremo le indicazioni del presidente Mattarella – chiarisce ancora il segretario reggente -, ma non voglio anticipare scenari che non mi competono. Non voglio neanche lontanamente strattonare il Capo dello Stato; e saremo con lui nella valutazione dello scenario. Calma”. “Non spetta a noi ora – ribadisce – indicare una via. Saremo rispettosi di quello che il presidente della Repubblica dirà, ma l’onere di indicare una prospettiva al Paese uscendo dalla propaganda spetta a chi ha vinto. Da parte nostra è un atto di responsabilità. Se non saranno in grado di garantire una prospettiva, dovremo lavorare sodo e mettere a disposizione la nostra forza per il Paese. Ma oggi si deve rendere evidente che c’è chi sposta l’asse programmatico rispetto alle promesse fatte prima del 4 marzo”.
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