Reddito di cittadinanza, scontro tra Inps e grillini

Paolo Baroni
ROma

«Il Reddito di cittadinanza? Abbiamo rifatto i calcoli tenendo come riferimento il disegno di legge presentato dai 5 Stelle nel 2015 e il costo è ancora più alto dei 30 miliardi stimati a suo tempo – avvisa Tito Boeri -. Incrociando i nostri dati con quelli dell’Agenzia delle entrate si arriva a 35-38 miliardi di euro. Una cifra molto consistente».

Guerra di numeri

«È falso, basta raccontare bugie» ribattono in presa diretta i capigruppo grillini aprendo un nuovo fronte polemico, l’ennesimo, col presidente dell’Inps. Per Grillo e Toninelli, infatti, «l’Istat ha calcolato 14,9 miliardi la spesa annua, più due di investimento il primo anno per riformare i centri per l’impiego».

Quindici miliardi contro 35-38: la differenza non è da poco. Molti economisti nei mesi scorsi, da Roberto Perotti a Francesco Daveri, avevano già fornito stime molto vicine a quelle di Boeri. Mentre i 5 Stelle si aggrappano alle stime dell’Istituto di statistica fonti dell’Inps spiegano tanta distanza col fatto che i 15 miliardi del progetto dei 5 Stelle incorporerebbero sia i cosiddetti affitti imputati (ovvero il valore virtuale dell’affitto di chi ha una casa di sua proprietà) sia una diversa valutazione dei redditi dei lavoratori autonomi.

Nel primo caso gli affitti imputati andrebbero compresi sia nel calcolo del reddito che per stimare la soglia di povertà, visto che le condizioni delle famiglie bisognose con e senza casa di proprietà cambiano significativamente. Ma visto che il disegno di legge dei 5 Stelle non ne fa menzione esplicita l’Inps li ha sottratti, facendo venire meno una cifra che Baldini e Daveri sulla voce.info avevano valutato in circa 15 miliardi di euro. Altri 10 miliardi sarebbe invece il peso della differente valutazione dei redditi autonomi: quelli dichiarati al Fisco sono infatti significativamente più bassi delle dichiarazioni spontanee raccolte dall’Istat e quindi il differenziale da coprire attraverso il Reddito di cittadinanza sarebbe significativamente più alto. Però avvertono dall’Inps «non si tratta né di errori di stima né di bugie, quanto invece di tenere in considerazione in maniera corretta tutti i fattori». Ai 5 Stelle però l’uscita di Boeri non è andata giù e ieri a più riprese hanno sparato ad alzo zero contro l’economista bocconiano.

 

No anche al «Ral» leghista

Boeri, presentando i primi dati sul Reddito di inclusione assieme a Gentiloni e al ministro del Lavoro Poletti, si è poi augurato «che chi si batte per queste misure rinunci alla tentazione di mettere le proprie bandierine o peggio di interrompere il percorso in atto, ma si impegni per trovare maggiori risorse». E quindi ha bocciato anche la proposta leghista di un Reddito di avviamento al lavoro (Ral). «Sarebbe un passo indietro, perché riguarderebbe solo i disoccupati, mentre il Rei da luglio diventa una misura universale, a beneficio di tutti». «Non dobbiamo buttare al mare il lavoro fatto dal nostro esecutivo, visto che funziona. Non possiamo permetterci una fiera delle velleità che ci porterebbe fuori strada» ha dichiarato a sua volta il presidente del Consiglio. «Si tratta di strumenti complessi e difficili da costruire – ha spiegato invece Poletti -. Sarebbe un peccato se si interrompessero e si smontassero». «Occorre andare avanti su questa strada» ha poi convenuto il portavoce dell’Alleanza contro la povertà Roberto Rossini, ricordando che per rendere davvero efficace il Rei basterebbe stanziare 5 miliardi. Stima su cui concorda anche Boeri: «Di miliardi ne bastano 5-7 miliardi non 38 e si farebbero già grandi cose».

 

Il Rei funziona

I numeri illustrati ieri, del resto, confermano che il Rei funziona bene. Nel primo trimestre di quest’anno le persone che hanno beneficiato delle misure di contrasto alla povertà sono state poco meno di 900 mila, sommando a quelle che già ricevano il Sostegno di inclusione attiva i 316 mila ammessi al Rei. In pratica è già stato raggiunto il 50% della platea potenziale, con una maggiore incidenza al Sud (7 nuclei beneficiari su 10) e dove c’è più disoccupazione ed assegni molto più generosi: 297 euro in media a famiglia dai 245 della vecchia Sia.

LA STAMPA

 

 

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