L’Italia chiude subito la partita: “Non c’è nessun accordo”

francesco Grignetti
roma

A Roma sono davvero caduti tutti dalle nuvole, ministri, alti burocrati, prefetti e ambasciatori, quando hanno scoperto, leggendo le notizie sui siti Internet, che l’Italia aveva firmato un accordo per accogliere una quota di migranti africani espulsi da Israele. Ne è seguito un vorticoso giro di telefonate, da commedia degli equivoci, per venire a capo del mistero. Finché non è stato chiaro che non esiste nessun accordo che coinvolge il nostro Paese. E nemmeno la Germania, secondo le notizie che vengono da Berlino.

 Nonostante la giornata di Pasquetta, intanto, montavano le prime proteste. Ed è per troncare sul nascere ogni equivoco, che dalla Farnesina si precisa che «non c’è alcun accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra Israele e Agenzia Onu per i Rifugiati per la ricollocazione in 5 anni dei migranti che vanno in Israele dall’Africa e che Israele si è impegnata a non respingere». Un altolà che evidentemente è stato colto a Tel Aviv dove, rendendosi conto della gaffe, gli uffici del primo ministro hanno poi chiarito all’Ansa che se si era citata l’Italia, «non si intendeva in modo specifico il vostro Paese», ma era solo un esempio di nazioni occidentali. Il primo esempio che era venuto in mente. Nulla di impegnativo.

 

La realtà è dunque ben diversa da come l’aveva prospettata il premier israeliano Benyamin Netanyahu quando in conferenza stampa aveva espressamente citato Canada, Germania e Italia come «alcune delle destinazioni per una parte dei migranti che dovranno lasciare Israele». Le cose invece stanno diversamente. E a ben guardare i comunicati ufficiali, si legge che l’Alto commissariato per i Rifugiati garantisce che «lavorerà» presso alcuni governi occidentali per ottenerne la disponibilità ad accogliere una quota di quelle migliaia tra eritrei e sudanesi che da almeno 10 anni si sono stabiliti illegalmente in terra israeliana e che ora il governo vuole cacciare. Problema ben noto anche in Italia, peraltro, alle prese con numeri enormemente più grossi. Di qui lo stupore sincero nelle sale del nostro governo quando si è sparsa la notizia.

 

Le cose, insomma, non stanno affatto come aveva detto il premier israeliano. In lui, ipotizza qualcuno a Roma, ha parlato forse più la speranza di risolvere una grana che sta spaccando la società civile in Israele che la realtà di accordi non ancora raggiunti, e anzi nemmeno prospettati. Al limite si ipotizza (da parte dell’Unhcr) qualche ricongiungimento familiare con cittadini eritrei già presenti in Italia. Certo non depone bene la facilità con cui l’Alto commissariato per i Rifugiati aveva dato per fatto un altro accordo simile che ci tocca da vicino: nell’autunno scorso annunciarono al premier Al-Sarraj che l’Europa avrebbe accolto migliaia di migranti vulnerabili, meritevoli di asilo politico, che stazionano in Libia. E nell’immediato qualcosa è accaduto. Dalle infami prigioni libiche ne hanno portati 2000 in Niger, come prima tappa, da dove poi sarebbero stati ricollocati nella Ue. Peccato che l’accordo non fosse stato concordato prima con nessun governo. E i loro appelli sono stati bellamente ignorati. In tutto ne sono arrivati solo 25 a Parigi.

 

Che il clima non sia favorevole a gesti di generosità in questo campo, lo si capisce dale prime veementi reazioni. Dalle fila di Forza Italia si fa sentire Maurizio Gasparri: «Bisogna opporsi e anzi chiedere che altri semmai prendano profughi approdati in Italia. Il Parlamento dica no subito». Oppure il leghista Roberto Calderoli, vice presidente del Senato. «Non se ne parla neppure. Chi è ancora al governo, seppur come dimissionario, non ha ancora realizzato che ci sono state le elezioni e che quelli che hanno fatto arrivare i 600 mila clandestini sono stati sconfitti e mandati a casa dai cittadini? Appena si insedierà il nuovo governo li rimanderemo a casa loro, quei clandestini, altro che accogliere quelli espulsi da Israele».

LA STAMPA

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