Intesa Israele-Onu: oltre 16 mila migranti in Occidente, “anche in Italia”. Farnesina: “Non c’è alcun accordo”
GERUSALEMME – Un caso, quasi un incidente diplomatico. Il governo di Benjamin Netanyahu annuncia di aver raggiunto con l’Alto commissariato Onu per i rifugiati un accordo in base al quale oltre 16 mila richiedenti asilo africani attualmente in Israele saranno trasferiti in Paesi occidentali e non più rispediti con la forza nelle loro terre d’origine. Un’intesa, da attuare nell’arco di cinque anni, per cancellare il contestatissimo piano per la deportazione in Africa di decine di migliaia di eritrei e somali finiti in territorio israeliano.
Lo stesso Netanyahu, illustrando l’accordo definito “senza precedenti”, cita alcuni paesi dove i migranti saranno “reinsediati”, in particolare in Italia, Germania e Canada. Ma scoppia un caso internazionale con l’immediata reazione dei paesi coinvolti.
L’Italia, attraverso la Farnesina, subito nega: “Non c’è alcun accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra Israele e l’Unhcr per la ricollocazione, in cinque anni, dei migranti che vanno in Israele dall’Africa e che Israele si è impegnata a non respingere”, precisano fonti del ministero degli Esteri. E poco dopo arriva anche una sorta di rettifica dagli uffici di Netanyahu: “L’Italia era solo un esempio, il primo ministro non intendeva in modo specifico quel paese”, così un collaboratore del premier israeliano ha risposto ad una domanda dell’agenzia Ansa sulle affermazioni riguardanti l’Italia come luogo di destinazione di una parte dei migranti ora in terra israeliana.
E a stretto giro arriva anche la presa di distanza del ministero dell’Interno tedesco che precisa di “non essere a conoscenza di una richiesta concreta relativa a una presa in carico di rifugiati che vivono in Israele, in particolare originari di Paesi africani”. Anche se, ha aggiunto la nota del ministero tedesco, “la Germania ha rispettato in modo completo i suoi impegni umanitari in questi ultimi anni in materia di accoglienza dei rifugiati e lo farà anche in futuro”.
In serata parla anche Carlotta Sami, portavoce in Italia dell’Unhcr. “L’accordo con Israele non prevede indicazione di quali siano i Paesi in cui verranno mandati i migranti. Questo dipenderà da accordi successivi che faremo con ogni singolo Paese che sia disposto ad accoglierli. Non c’è nessun accordo con l’Italia. Ci sono alcuni casi di persone con parenti in Italia e che, dopo un accordo con il governo italiano, potrebbero essere riunificati con le famiglie, ma anche questi eventuali ricongiungimenti devono essere verificati con il governo italiano”, così ha spiegato Sami a Radio Popolare, confermando che “nell’accordo tra Onu e Israele non si prevede indicazione di alcun paese specifico”. A fine giornata, da Israele arriva l’annuncio che l’accordo con l’Onu è stato sospeso.
Da settimane il governo israeliano cerca di risolvere il problema dei migranti africani sul proprio territorio. Un primo progetto che le autorità israeliane aveva definito “piano di rimpatri volontari” aveva suscitato l’indignazione delle organizzazioni per i diritti umani e manifestazioni di protesta in Israele. Prevedeva che a ogni richiedente asilo eritreo e somalo che avesse accettato di andar via venissero dati 3.500 dollari e un biglietto aereo per il Paese d’origine o non meglio precisati Paesi terzi con cui lo Stato ebraico aveva raggiunto un accordo (si era parlato di Ruanda e Uganda, che avevano negato).
Chi avesse rifiutato, avrebbe rischiato la detenzione a tempo indeterminato. Questo perché, secondo Israele, si tratta di migranti economici e non di rifugiati. L’avvio dei “rimpatri volontari” era fissato per i prossimi giorni, ma la Corte suprema israeliana l’aveva temporaneamente bloccato.
Contro questo piano si era schierata una parte consistente della società israeliana, a cominciare da decine di sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, da intellettuali del calibro di Amos Oz, David Grossman e Abraham Yehoshua. E alcuni piloti di El Al si erano rifiutati di portare i rifugiati in Africa.
Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno, attualmente vivono in Israele 42 mila migranti africani, metà dei quali bambini, donne o uomini con famiglie. In base al nuovo piano di cinque anni, Israele regolamenterà lo status di coloro che non vengono ricollocati e segnala che sarà consentito loro di restare, almeno in via temporanea. I migranti sono entrati negli anni in Israele attraverso il confine egiziano a partire dal 2007; da allora la frontiera è stata rafforzata ed è stata resa quasi ermetica.
Una prima reazione alla possibilità – poi smentita dalla Farnesina – che una parte di richiedenti asilo possa essere allocata in Italia è arrivata dal leghista Roberto Calderoli, vice presidente del Senato. “Non se ne parla neppure” così ha risposto attaccando il governo uscente: “Chi è ancora al governo, seppur come dimissionario, non ha ancora capito che ci sono state le elezioni e che quelli che hanno fatto arrivare i 600mila clandestini sono stati sconfitti e mandati a casa dai cittadini? Appena si insedierà il nuovo governo li rimanderemo a casa loro, quei clandestini, altro che accogliere quelli espulsi da Israele”. Ma nel frattempo è arrivata la retromarcia israeliana.
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