Il Cavaliere non si fida. Teme un accordo segreto tra leghisti e Cinquestelle

ugo magri
roma

Berlusconi si fida di Salvini e non crede che farà mai accordi con Di Maio tagliando via Forza Italia. O meglio: il Cav se ne fida «per ora», fino a prova contraria, in quanto sarebbe ben grave se l’altro lo pugnalasse alla schiena. Anzi, per essere ancora più precisi: Silvio di Matteo non si fida per niente, in cuor suo sa già che l’alleato leghista è pronto a scaricarlo, addirittura non vede l’ora di liberarsi della palla al piede berlusconiana e il veto grillino è arrivato a proposito. Dopodiché l’ex premier è deciso a reagire con tutta l’energia necessaria: «Io mai con i Cinquestelle, piuttosto all’opposizione», va ripetendo. Tuttavia c’è sempre la possibilità che qualcuno lo chiami, come accadde una decina di giorni fa, per minacciarlo o per fargli credere che le sue aziende sarebbero in pericolo, e dunque in quel caso Berlusconi potrebbe ripensarci, magari all’ultimo momento, dopo aver mandato allo sbaraglio la truppa, nel nome della realpolitik. Per farla breve ieri sera, dopo il veto posto da Di Maio e la risposta in chiaroscuro di Salvini, tra i gerarchi berlusconiani nessuno, ma proprio nessuno, se la sentiva di garantire sul conto del leader. Tiene il punto? Per adesso sì, lo tiene. Ma lo terrà anche in futuro? Boh, vai a sapere.

 L’eterno pendolo

L’unica certezza è che l’uomo oscilla, e nelle sue continue evoluzioni ieri ha toccato l’apice dello sdegno contro Di Maio. «Ah sì, non mi vuole come interlocutore? Non sa quello che si perde. Peggio per lui perché d’ora in avanti sarò io a non voler trattare con i Cinquestelle e se ne accorgeranno cosa significa avermi contro». Il gruppo dirigente lo sostiene compatto nell’intima certezza che, se il veto grillino venisse subìto senza colpo ferire, in quel preciso momento Forza Italia cesserebbe di esistere e le sue ceneri sarebbero sparse al vento.

Non stupisca dunque che la reazione più immediata sia venuta dalle donne, in primo luogo da Anna Maria Bernini e da Mariastella Gelmini, appena elevate al rango di capigruppo, nonché da Mara Carfagna, neo vice-presidente della Camera: nessuna di loro vuole perdere la scommessa sul futuro. Altri esponenti azzurri, come Osvaldo Napoli, si sono tuffati nella mischia e lo stesso governatore della Liguria Giovanni Toti, spesso accusato di tifare per l’intesa con la Lega, sparge prudenza: «Senza Forza Italia sarebbe difficile fare un governo, e comunque significherebbe che il centrodestra diviso regala la guida del governo al M5S, arrivato secondo».

La nota serale di Salvini non tranquillizza Berlusconi, semmai il contrario: «Sì al dialogo coi Cinquestelle ma no ai veti», dice il leader della Lega. Dichiarazione leggibile pure al contrario: «No ai veti però sì al dialogo». Chissà se Salvini accetterebbe di sedersi a un tavolo con Di Maio, qualora i grillini gli vietassero di portare con sé Berlusconi. Il timore diffuso dentro Forza Italia è che Salvini si accomoderebbe lo stesso. E magari alla fine delle trattative programmatiche direbbe al Cav: «Nel governo, purtroppo, per voi non c’è posto». A quel punto i Fratelli d’Italia salterebbero a bordo, così pure qualche decina di deputati e senatori berlusconiani desiderosi di non perdere i rispettivi collegi che dipendono dai voti leghisti.

 

«Ce n’è una quantità già pronti a tradire», assicura il tam-tam dei bene informati. Col risultato che Berlusconi si troverebbe a scegliere tra la padella e la brace: sostenere il governo senza contare nulla, o in alternativa opporsi con il rischio di finire nel mirino per il solito conflitto di interessi (precisa minaccia di Di Maio). Oggi ne discuterà con i fedelissimi a pranzo, insieme decideranno che cosa raccontare domattina al capo dello Stato. L’ultima da Palazzo Grazioli è che Antonio Tajani, destinato al ruolo di vice-Silvio, non farà parte della delegazione al Quirinale. Ufficialmente perché presiede il Parlamento Ue, ma si sussurra che Salvini avrebbe visto male la sua presenza, dunque Berlusconi abbia preferito soprassedere. Per litigare, si sarà tempo.

LA STAMPA

 

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