Sfida Milano-Bologna per la biblioteca di Eco. Vale più di 2 milioni

Piazza Castello a Milano. In un appartamento, la sterminata biblioteca. Trentatremila volumi, più 1.200 testi antichi. Opere uniche che fanno gola ai bibliofili di tutto il mondo. Prime edizioni preziosissime: valore stimato non meno di due milioni, una cifra che potrebbe salire al doppio ipotizzando un’asta a Londra o oltreoceano, dove quei libri sarebbero considerati un feticcio. A due anni dalla scomparsa di Umberto Eco, l’intellettuale italiano contemporaneo più noto al mondo, si accende la contesa tra due città: Bologna e Milano. Sotto le due Torri – dove l’autore de Il nome della Rosa ha insegnato a lungo ed è stato il padre intellettuale del Dams – scendono in campo, insieme, l’Università e il Comune: la prima metterebbe a disposizione gli spazi per contenere l’intera biblioteca e schiererebbe gli esperti del dipartimento di Italianistica, il secondo sarebbe pronto a offrire un apporto economico e partecipa alla ricerca di sponsor. Obiettivo: avanzare al più presto agli eredi un’offerta per la preziosa collezione. In questo quadro, anche la più danarosa fondazione bolognese, la Carisbo, dietro le quinte è della partita.

Sotto la Madonnina, invece – città dove il bibliofilo viveva e dove lui e i familiari hanno investito con Elisabetta Sgarbi cifre sostanziose per la casa editrice La nave di Teseo – il Comune e gli atenei sono in posizione attendista. A muoversi è invece il direttore della Pinacoteca di Brera, James Bradburne, che sta provando a trovare investitori per conquistare i volumi più ambiti, da inserire alla Braidense, oggi poco conosciuta e poco valorizzata. La proposta è già stata fatta, ad esempio, ad Esselunga, ma il board e gli eredi di Bernardo Caprotti – dopo averla valutata – l’hanno giudicata troppo onerosa. «Mi sono attivato per coinvolgere possibili partner finanziari, quello di Eco è un patrimonio culturale estremamente interessante. Se messo a disposizione di tutti – sostiene Bradburne – potrebbe persino diventare meta di attrazione turistica e rilanciare non solo la Braidense, ma tutto il complesso museale».

La famiglia (la vedova Renate Ramge, storica animatrice del laboratorio didattico dell’arte a Brera, e i figli Stefano e Carlotta) sarebbe contenta che quel patrimonio restasse vicino a casa loro, continua il direttore: «Lo stesso Eco diceva che gli ambienti de Il nome della Rosa , gli scaffali di Adso da Melk e Guglielmo da Baskerville, somigliavano alla Braidense». Per combinazione, tra l’altro, il semiologo abitava nello stesso palazzo dove c’è la biblioteca d’arte del finanziere Guido Rossi, anch’egli da poco scomparso. Due patrimoni intellettuali e culturali in un unico edificio. Quello di Eco, ad oggi, non è vincolato in alcun modo dalla Sovrintendenza: né a rimanere nel luogo dove si trova (Milano), né a rimanere un unico blocco unitario. Solo, per legge i libri più antichi di cinquant’anni devono restare in Italia. La famiglia potrebbe pronunciarsi in queste ore. Secondo alcune fonti ipotizza due destini diversi, entrambi in Italia: la vendita per i 1.200 libri antichi e una donazione per il resto («la parte moderna e di lavoro»). Tutto resterà in ogni caso fruibile al pubblico, questo avrebbe voluto Umberto. Che sognava un tunnel sotterraneo per collegare la propria casa alla Trivulziana, per «consultare i libri di notte». E persino la sua camera ardente, ha voluto nella «sua» biblioteca.

CORRIERE.IT

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