La guerra dei dazi pesa sull’Europa ma non la scuote, -0,3% Milano

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Chiusura in rosso per le Borse europee, ma nettamente sopra i minimi di giornata, quando i listini sono arrivati a segnare ribassi decisi risentendo dei

contraccolpi della guerra commerciale in atto tra Stati Uniti e Cina, dopo che nella notte Washington ha pubblicato un elenco di 1.300 prodotti cinesi su cui intende imporre dazi al 25% per un valore complessivo di importazioni cinesi di 50 miliardi di dollari ogni anno. Pechino ha subito risposto proponendo dazi del 25% su 106 tipologie di articoli Usa aventi lo stesso valore. A incoraggiare gli acquisti nell’ultima mezz’ora di contrattazione ha contribuito l’andamento di Wall Street, che ha dimezzato le perdite rispetto all’apertura. Milano ha chiuso in ribasso dello 0,3%.

Indici in scia a Wall Street

Le Borse europee sono partite in calo e nel pomeriggio hanno ampliato le perdite, complice l’avvio in profondo rosso di Wall Street. Inizialmente a poco sono valse le rassicurazioni del presidente americano Donald Trump, che su Twitter ha scritto: «Non siamo in guerra commerciale con la Cina». Per altro anche il segretario americano al Commercio, Wilbur Ross, ha spiegato che «le tariffe cinesi sono pari solo allo 0,3% del nostro Pil. Difficilmente rappresentano una minaccia». Ross ha anche escluso che «si arriverà a una Armageddon commerciale». Wall Street, poi, probabilmente ha pesato le meglio le dichiarazioni di Trump e Ross dimezzando le perdite e incoraggiando un miglioramento anche delle Borse europee.

St continua a soffrire in vista mosse di Apple
A Piazza Affari Stmicroelectronics ha perso oltre il 2,4%, risentendo sia della debolezza dell’intero comparto tecnologico, sia del timore che Apple sia sul punto di rivedere la supply chain, penalizzando i fornitori. Le commesse del colosso di Cupertino l’anno scorso hanno rappresentato oltre il 10% del giro d’affari dell’azienda italo-francese e quest’anno dovrebbero pesare quasi per il 14%.

Fca ingrana la retromarcia dopo volata della vigilia

Sono state vendute anche le Fiat Chrysler Automobiles, dopo il balzo di oltre il 7% della vigilia. Ieri i titoli avevano festeggiato la notizia che le vendite negli States sono volate del 14% nel mese di marzo, facendo meglio del mercato salito del 6%. In particolare hanno fatto bene le Jeep (+45%), le Wrangler (+70%) e Cherokee (+63%). Il mercato americano rappresenta oltre il 50% dei volumi del gruppo guidato da Sergio Marchionne. Tuttavia hanno deluso le vendite in Italia, mercato che pesa un po’ meno del 10% sul giro d’affari complessivo. Nel dettaglio a marzo la casa auto ha accusato una flessione delle immatricolazioni del 12,86% rispetto allo stesso mese del 2017, mentre il mercato è diminuito del 5,7%. Della galassia Agnelli sono state vendute a piene mani le Cnh Industrial (-3,4%), risentendo dell’annuncio dei dazi introdotti dalla Cina su prodotti americani importati. In particolare ha destato preoccupazione il dazio del 25% sui semi di soia, mossa che dovrebbe rendere meno competitiva la soia americana riflettendosi quindi sull’andamento della filiera produttiva e, secondo gli analisti, su big come Cnh e Deere per quanto riguarda la vendita di macchine. L’azienda realizza in Nord America oltre il 20% del suo fatturato complessivo. Hanno inoltre perso terreno le Ferrari (-1,5%) e leExor (-2,27%).

Mediaset scivola sul finale, occhi su Telecom

Mediasetè salita per gran parte della seduta, ma alla fine ha chiuso in ribasso dello 0,97%, sebbene l’accordo annunciato la scorsa settimana con Sky Italia abbia scatenato una pioggia di revisioni al rialzo delle stime per il gruppo. Oggi, ad esempio, Deutsche Bank ha migliorato il target price da 3,4 a 3,6 euro per azione, pur confermando il giudizio hold. Sono rimaste sotto osservazione le Telecom Italia (-0,13%), mentre il mercato continua a interrogarsi sul futuro della compagnia e soprattutto sulla governance in vista delle assemblee del 24 aprile e del 4 maggio, dopo l’ingresso nel capitale da parte del fondo Elliott, che si propone come azionista attivo nella gestione della società attraverso la nomina di consiglieri. Intanto il ceo, Amos Genish, in un’intervista ha ribadito che la società è disponibile alla quotazione della rete, purché la maggioranza rimanga in mano al gruppo. Inoltre il manager ha dichiarato che la società è interessata ai diritti del calcio, mentre ha puntato l’indice sull’accordo Mediaset-Sky che potrebbe creare un’eccessiva concentrazione sul fronte delle Pay Tv.

In controtendenza Eni e A2a

Sono andate in controtendenza le azioni di Eni (+0,86%), nonostante l’andamento in calo del valore del greggio. I titoli del cane a sei zampe hanno beneficiato del giudizio di Credit Suisse, che ha alzato il prezzo obiettivo sul titolo da 15,5 a 15,75 euro, pur confermando la raccomandazione ‘neutral’. Hanno fatto bene anche le A2a (+0,7%) , le Snam Rete Gas e le Poste Italiane.

Risale l’inflazione in Europa, a marzo 1,4%. Disoccupazione in calo

Risale il tasso di inflazione annuale: a marzo dovrebbe raggiungere
l’1,4% rispetto a 1,1% a febbraio. E’ la stima flash di Eurostat. A gennaio era all’1,3% a dicembre 1,4%, a novembre a 1,5%, a ottobre all’1,4%. Escludendo i
prezzi di energia e alimentari (più volatili) il tasso di inflazione a marzo è dell’1,3%, escludendo anche i prezzi di alcol e tabacco scende all’1%. I prezzi della sola energia sono aumentati del 2% contro il 2,1% a febbraio. Il 18 aprile Eurostat pubblicherà i dati definitivi per la zona euro e la Ue. In calo, invece, il tasso di disoccupazione di febbraio nella zona euro all’8,5% da 8,6% a gennaio e 9,5% un anno prima. Si tratta del tasso più basso mai registrato da dicembre 2008. Nella Ue il tasso di disoccupazione era al 7,1% in calo rispetto al 7,2% a gennaio. Si tratta del tasso più basso mai registrato da settembre 2008. In Italia 10,9% a
febbraio dopo 11,1% a gennaio (11,5% un anno prima).

Negli States più posti di lavoro delle attese nel settore privato
Negli States nel settore privato l’occupazione è cresciuta oltre le attese nel mese di marzo. Secondo il rapporto mensile redatto da Macroeconomics Advisers e dall’agenzia che si occupa di preparare le buste paga Automatic Data Processing, il mese scorso sono stati creati 241.000 posti di lavoro in più rispetto a febbraio, mentre le stime erano per 200.000. Il dato anticipa quello ufficiale che venerdì diffonderà il Dipartimento americano. Sempre oggi è stato annunciato che
a marzo l’Ism servizi, l’indice che misura la performance del terziario negli Stati Uniti, ha decelerato confermandosi però a livelli associati a una crescita dell’economia. L’indice di riferimento redatto dall’Institute for Supply Management è sceso a 58,8 punti dai 59,5 punti di febbraio, sotto le stime degli analisti. Sono invece saliti gli ordini all’industria. Nel dettaglio a febbraio, secondo le rilevazioni del Dipartimento del Commercio, il dato è aumentato dell’1,2% sul mese precedente. Gli analisti, tuttavia, si aspettavano un progresso dell’1,7%. Ad ogni modo il dato di gennaio è stato rivisto a un -1,3% contro la lettura iniziale di un -1,4%.

L’euro sulla soglia di 1,23, greggio in calo

Sul mercato valutario, l’euro si è riportato sulla soglia di 1,23 dollari (segui qui l’andamento dell’euro contro le principali valute e qui quello del dollaro). Il petrolio è debole, nonostante un calo inatteso delle scorte settimanali di petrolio in Usa segui qui l’andamento di Brent e Wti in tempo reale). Il prezzo del greggio risente, così come Wall Street e i principali mercati finanziari, dei timori di guerre commerciali tra Usa e Cina. Il Dipartimento dell’Energia ha annunciato che gli stock di greggio sono scesi di oltre 4 milioni di barili contro attese per un aumento di 1 milione di unità. Tuttavia le scorte di benzina sono scese, ma meno delle attese e quelle di distillati sono aumentate contro previsioni per un ribasso.

(Il Sole 24 Ore Radiocor)

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